Si, questo è un altro blog sui fumetti. E come suggerisce il nome, indica una malattia: la dipendenza dai fumetti.

Benvenuti nell'ennesimo posto del web, saturo di dissertazioni e soliloqui, commenti e suggerimenti sulla nona arte.
Perchè fondamentalmente, chi ama i fumetti, non ne hai mai abbastanza, e non solo di leggerli, ma nemmeno di pontificarci sopra.

I tag non bastano? Allora cerca qui


Fumettopenìa è dedicato a Fumettidicarta ed al suo papà Orlando, che dal 2009, non ha mai smesso di farmi credere che scrivessi bene! Anzi scusate, che scriverebbi bene. E se adesso migliorato, lo devo sicuramente ai suoi incessanti consigli.

mercoledì 30 ottobre 2013

Bone di Jeff Smith



Diamo il benotrnato a Dario che appena finito di leggere Bone con la sua pupina ha deciso di condividerne con noi le impressioni.
Deduciamo dalla gentilezza che si, i figli sò piezze e' core, ma pure i fumettopeniaci non scherzano!
Graze socio, a voi buona recensione.
Baci ai pupi.

C'è voluto il suo tempo. Non di certo per colpa dell'opera, uno di quei tomi, di quelle storie fiume, di quei libri monstre che ti berresti in un attimo. C'è voluto il suo tempo perché Bone di Jeff Smith me lo sono goduto un po' alla volta con la mia Lauretta. Un pochino ogni sera prima di andare a dormire, che poi leggere un bel fumetto alla tua bimba la sera prima di andare a dormire è uno dei piaceri grandi della vita. Così questa storia fantastica ha preso vita sotto i nostri occhi un po' alla volta, per più di 1300 pagine.

Le giuste impressioni sul lavoro di Jeff Smith, o almeno quelle che a me sembrano delle giuste impressioni, le ha già messe nero su bianco in maniera perfetta Neil Gaiman nella postfazione all'opera. Se sapete chi sia Neil Gaiman saprete anche quanto possa essere inutile leggere un pezzo scritto da me quando avete la possibilità di leggere Neil Gaiman. Se possedete il volume di Bone edito da Bao Publishing andatevi a rileggere Neil Gaiman, cosa ci fate qui? Andate, non mi offendo, come potrei. Confido però che qualcuno il volume non l'abbia in casa e allora due considerazioni le faccio anche io, vedi mai viene voglia a qualcuno di leggersi tutto Bone.
Bone in inglese vuol dire osso. I tre protagonisti che hanno il compito di introdurci in questa storia dai risvolti fantastici sono tre esserini bianchi che potrebbero ricordare vagamente delle ossa. Sono tre cugini: Fone Bone, il più inquadrato, serio e romantico dei tre, sempre pronto ad aiutare gli altri e fare la cosa giusta, Smiley Bone, sempliciotto, di buon cuore e sempre allegro e Phoncible P. Bone detto Phoney, avido e astuto, sempre in cerca di un modo per far soldi. Proprio a causa di una delle trovate architettate da Phoney Bone i tre cugini vengono cacciati in malo modo da Boneville, costretti alla fuga si ritrovano in un territorio inesplorato. Giusto il tempo di entrare in questo nuovo mondo che iniziano i guai, i tre vengono separati a causa di un attacco di locuste. Fin da subito alla trama prettamente umoristica e avventurosa vengono miscelati alcuni elementi fantasy o fantastici che daranno il via a quella che è la vera storia narrata in Bone. Le locuste, l'incontro con il Grande Drago Rosso e quello con gli stupidi, stupidi rattodonti (in questa edizione tradotto come creature ratto ma io preferivo di gran lunga rattodonti), fino all'importante incontro con la giovane Thorn e con Nonna Ben.
Tutta la prima parte della storia è sviluppata seguendo un registro umoristico, il tono è sempre leggero e qui emerge il grande talento di Smith nel creare personaggi capaci di entrare nei cuori dei lettori e di farli interagire in modo da creare vicende sempre avvincenti e divertenti. Nel frattempo l'autore dissemina qua e là gli elementi che andranno a creare quella che è  una trama che affonda le radici nelle generazioni precedenti (i genitori di Thorn) come nel mondo del sogno e che è caratterizzata da battaglie e scontri tra le forze del bene e le forze del male, il tutto innescato da buone dosi di magia e fantastico. E non può mancare il sentimento, ah quella piccola Thorn...
 In una bella immagine proposta da Gaiman, vediamo i Bone attraversare quello che sembra il bosco del Pogo di Walt Kelly e finire pian piano invischiati in un'avventura degna di Tolkien. Personalmente trovo questa affermazione particolarmente azzeccata, Smith è capace di gestire e intrecciare entrambi gli aspetti della vicenda con grande maestria, avvalendosi del suo tratto pulito, preciso e sempre delizioso.
Per quanto nulla si possa dire all'autore, personalmente ho amato molto di più il lato umoristico di Smith, forse proprio perché le derive tolkeniane non mi hanno mai affascinato più di tanto. Voglio dire, insomma, la corsa delle mucche, la gestione della taverna di Barrelheaven, episodi come questi sono quelli che ricorderò con più affetto (anche perché son quelli che più son piaciuti alla mia bimba). Comunque anche nei risvolti fantasy ho trovato la lettura piacevole dall'inizio alla fine, come non amare i Bone o il piccolo rattodonte Bartleby? Bone è una di quelle letture che possono accontentare molti palati, quelli dei bimbi come quelli degli adulti, quelli degli amanti del fantasy e dell'avventura ome quelli dei fan del fumetto più genuinamente umoristico.
Durante le loro mille peripezie i cugini Bone rimarranno fedeli a se stessi, nonostante i numerosi incontri con strani personaggi, b
enigni o maligni che siano. Seppure la trama portante veda tra i protagonisti la giovane Thorn, Nonna Ben, il suo amico Lucius e sull'altra sponda esseri come Kingdok, L'incappucciato e il Signore delle Locuste, sono proprio i tre piccoli ossicini quelli che rimarranno nel cuore del lettore.
 Il tomone va sui 35 euro, una volta lo si poteva trovare a 25 in rete su vari Amazon, Ibs, etc..., ora con la nuova normativa sconti così forti sono ardui da strappare, comunque io consiglio di farci un pensierino, in fondo potete sempre farvelo regalare come ho fatto io.
Specifiche: Bone Di Jeff Smith Brossurato della Bao Pub. 1344 pgg  b/n 35,00€


Supereroi il Mito

Arriva una nuova collana della Gazzetta in edicola settimanalmente dal prossimo18 novembre.
Altre 30 uscite che vanno ad aggiungersi alle passate due iniziative.
Qui il link dal sito della Gazzetta.
Tra i volumi in uscita:

Scisma  - la miniserie che ha portato alla separazione dei mutanti di Xavier, che si sono divisi in due fazioni, quelli che hanno scelto Scott Summers e quelli che hanno scelto Logan. Not so bad

Tre - L'arc conclusivo di Hickman sui Fantastici quattro, quello ch eoprto alla scomparsa della Torcia Umana. Base di lancio per la sua fondazione Futuro. Miniserie che mi lascia estremamente curioso, ma che per quanto possa essere conclusiva, conoscendo l'autore dubito che sarà digeribile senza un discreto apparato redazionale di guida.

Ragnarok and Roll  - Il Thor di Walter Simonson, o meglio la fine del mondo alla maniera scandinava alla maniera dell'autore americano, una saga avvincente e godibile riproposta in un unico volume.

Prima Lezione - l'arc introduttivo della fortunata serie di Jason Aaron con il Preside Logan alla guida della Jean Grey High School.

Spider Island - Le discutibili innovazioni che hanno investito il tessiragnatele hanno una origine e per alcuni, specie i conservatori, l' inizio della fine e proprio questa qui.

Sulla Controterra e La minaccia di Thanos - Dedicato a tutti quelli che adorano Warlock ma non hanno abbastanza dindi da prendere l'ominibus (io  per esempio)

Spiderman 2099 -  Le prime storie del ragno del Futuro, rispolverato recentemente da Slott per un team up con il suo Otto-Ragno, nel volume sono riproposte i primi numeri della serie disegnata da Rick Leonardi ed edita per la prima volta in Italia dalla Star Comics.

Illuminati - Una delle poche cose che digerisco di Bendis, riconducibile alla sua gestione del Marvel Universe.

Ci saranno comunque anche:

Siege - L'assedio di Bendis alla nostra pazienza, più che altro, come dite? Avevate comprato l' Omnibus da 25€?  Bravi coglioni.

Shadowland - Devil a capo della malavita newyorkese, ne hanno parlato male tutti, anche i sassi.

Mai più Hulk - Presumo il seguito della saga introduttiva dell' Hulk Rosso, unica nota positiva, ammesso che ci abbia preso, le matite di Frank Cho.

Per ulteriori informazioni vi ho lasciato il link più su, per tutto il resto baci ai pupi.




sabato 26 ottobre 2013

La top ten dei veicoli dei supereroi (e non)

Ma non vi siete stufati delle mie recensioni?
'Ste filippiche su quello che, in teoria in IMHO, dovreste aggiungere o meno alla vostra collezione di fumetti.
No vero che non vi siete stufati? Bravi miei adoratissimi fumettopeniaci, ea la risposta che il mio parassitario ego voleva sentirsi dire.
Però oggi niente recensione, sono ancora stanco del certosino lavoro di ricerca alla scoperta di quasi tutte le citazioni di Alan Moore su Nemo: Cuore di Ghiaccio, a proposito chi torna da Lucca senza il Black Dossier, torni in ginocchio.
No oggi uno di quegli articoli assolutamente inutili che ogni tanto cicciano nella mente dei blogger di tutto il mondo, il più delle volte quando si ritrovano a corto di argomentazioni, ecco l'ennesima personalissima Top Ten, manco fossi il personaggio del romanzo di Nick Hornby, Alta fedeltà, stavolta stiliamo una classifica dei 10 superveicoli della storia del fumetto evitando di citare più volte la Batmobile.

10. La Fantasticar di Jack Kirby





9.  Lo Scarabeo Volante di Blue Beetle






















8. Il Jet Invisibile di Wonder Woman














( che lo trovava giusto perchè lo parcheggiava sempre allo stesso posto)

7. Il Quinjet dei Vendicatori

Che personalmente non mi dice nulla, ma poi chi li sentiva i Marve zombie che si annidano tra voi?
















6. La Owl Ship di Owl-Man (per gli amici Anacleto)














5. Il Carrier di Authority



















4. La Batmobile

Non ho saputo decidermi tra le due Batmobili più belle del Bat-universo quindi al quarto posto ci metto la Batmobile del telefilm e la gettaponti, la Tumbler, dei film di Nolan.



3.  Il Nautilus del Capitano Nemo (Kevin O'Neill)











2. Il Fuckicoma di Ghost in the shell


















1. Il tappeto dimensionale di Flash

















1 bis. A parità di godibilità del tappeto di Flash, quello che gli ha permessi di saltare da una dimensione all'altra per  decine e decine di anni. Ci metto anche il Chopper Spaziale di Lobo


E se non siete d'accordo, dite la vostra!
Baci ai pupi.

venerdì 25 ottobre 2013

Nemo Heart of Ice



Partiamo da una premessa, io amo Alan Moore, e credo cha la sua Lega degli Straordinari Gentlemen, sia tra le opere più originali del XXI secolo, l’intuizione di Moore, sull’uso dei characters della letteratura è qualcosa di indicibilmente geniale, e la Lega degli Straordinari Gentlemen oltre che una delle migliori opere del fumetto, chiamiamolo contemporaneo, è la prova tangibile che l’autore è il miglior scrittore in seno alla nona arte.
Dopo mesi dalla sua uscita, mi sono deciso a recuperare anche  Nemo Cuore di Ghiaccio, una meravigliosa breve storia con protagonista la figlia del celebre Pirata della letteratura di Jules Verne, di cui abbiamo fatto la conoscenza nella prima parte di Secolo: 1910
Non mi lancerò in un'altra feroce critica sull’edizione italiana, Fumettopenìa ha già espresso i suoi negativi commenti sul comportamento dell’editore italiano dell’ultima opera di Alan Moore, non mi perderò in nuove invettive contro la Bao,  mettiamola semplicemente così, chi mendica non può scegliere, ed io mendico più Alan Moore di quanto ce ne sia in giro, e se la mia dose deve avere questo misterioso formato cinese, pazienza.
Nemo: Cuore di Ghiaccio è meravigliosa, troppo breve, ma meravigliosa - la distruzione dell’ambizione dell’erede del principe Dakkar di voler superare le gesta del padre, che si scontrano con un mondo alieno e misterioso sepolto nei ghiacci dell’antartide, un ‘omaggio alla letteratura Lovecrafitana, che stavolta fa dà palcoscenico sul quale si muovono i nuovi omaggi alla letteratura novecentesca di Moore.
Cominciamo?
Il signor Krane che compare nelle prime pagine, per impedire il furto dei tesori reali in sua custodia è preso a prestito dalla famosa opera filmica di Orson Welles, Citizen Krane, conosciuto in itala come Quarto Potere.
La misteriosa Regina Ayesha, che la figlia di Nemo sta freddamente derubando è la regina di Kòr, e come il suo regno,  proviene dalla letteratura di H.R.Haggard, l’autore delle novelle di Alain Quatermain, che gli amanti della Lega conoscono bene, in realtà è la reincarnazione di Kallikratis, la dea a cui tutti devono obbedienza.
Gli avventurieri che Krane incarica per recuperare il tesoro sono tutti presi dalle novelle che hanno costituito il filone del genere Edisoniade, ovvero storie di fantascienza, che si rifacevano alla vita ed alle gesta dell’inventore Thomas Edison.
Gli avventurieri scientifici più importanti d’America, arruolati da Krane per la caccia alla figlia di Nemo sono appunto i tre personaggi più importanti del genere: Frank Reade, Tom Swift e Jack Wright, creati rispettivamente da Harold Cohen nel 1876 e Luis Senarens nel 1891.
Moore è insuperabile nella sua opera citazionistica: L’uomo a Vapore delle praterie che gli esploratori portano a Krane, è un chiaro omaggio a The Steam Man of Prairies di E. S. Ellis, uno dei capisaldi del genere cosiddetto Edisoniade (1868).
La Megapatagonia è un omaggio allo scrittore francese Nicolas Edme Restie de la Bretone, nel suo La Découverte australe Par un Homme-volant (1781), la Megapagonia è un arcipelago che è l’esatto contrario della Francia, dei suoi costumi e della sua cultura, infatti nell’opera di Moore è abitato da animali antropomorfi che parlano al contrario in francese e vivono nella capitale chiamata Sirap (Paris).
Tutta la geografia Antartica di Moore, di Moore dove si svolge il resto dela caccia ovviamente proviene dalla letteratura tardo ottocentesca, come la Plutone Sotterranea e le Montagne di Ferro, che provengono entrambi da Viaggio al centro della Terra. Le montagne della follia  ed il bestiario presente nella misteriosa città nascosta nei ghiacci invece proviene quasi tutta dalla mente di H.P. Lovecraft.
Tra l’equipaggio del Nautilus, stavolta vale la pena ricordare il Professor Augustus S.F.X. Van Dusen, detto anche La Macchina Pensante, protagonista di una serie di serie di romanzi di Jaques Putrelle, dalla letteratura di Putrelle, proviene anche l’impenetrabile carcere di Chilshom, nel romanzo, The Problem of cell13, citato dallo stesso Augustus verso la fine del fumetto.
Raccapricciante particolare che mette in risalto la genialità do Moore è il fatto che  lo scrittore Futrelle, fu una delle vittime della tragedia del Titanic, e in Cuore di Ghiaccio i rimandi alla nave che affondò per colpa della collisione con un iceberg nel 1912, sono molti a cominciare da una illustrazione di O’Neill che disegna una nave che solca i mari all’inizio del volume.
La didascalia parla di una  White Star Titan Line un chiaro riferimento all’opera di Morgan Robertson e alla compagnia inglese Star Line, i proprietari veri del Titanic.
Vi ho annoiato abbastanza? Non capite proprio niente!
Voi superior vi meritate. 
Penso che pubblicare una guida del genere sia un obbligo che l’editore italiano dovrebbe fornire ai lettori, invece manco a dirlo, in Nemo Cuore di Ghiaccio della Bao, un inserto del genere manca.
Nonostante  la mancanza, vi dico subito che questo piccolo volumetto merita tantissimo, solo l’epilogo della storia, ovvero le conclusioni di Janni, meritano ogni centesimo, la prosa di Moore è spettacolare, adulta, ricercata, e non fa che creare un pauroso hype per l’arrivo in Italia del Black Dossier.
Accattatevillo e baci ai pupi.

giovedì 24 ottobre 2013

Orfani d'innovazione



Ed eccoci qui, potevamo non accodarci alla fila di blogger che si sta lanciando in mille dissertazioni sul nuovo mensile della Bonelli?
Arriva anche per noi di Fumettopenìa, il momento di rapportarci con gli Orfani di Roberto Recchioni.
Avevo promesso sulla pagina Facebook però, che avrei delegato agli altri il commento, perchè sono oberato di letture che personalmente, reputo più interessanti da commentare:
Longshot (Marvel-Panini), Punk Rock Jesus (Vertigo-RW Lion) e la Doom Patrol di Morrison (DC-Vertigo-RW Lion).
Ed eccolo apparire dal nulla, l'amico Loreto di Napoli - autentico Marvel-troll nonchè mio rompicoglioni et stalker personale, che mi ha spedito a bruciapelo il suo commento su Orfani,  per chiedermi cosa ne pensassi.
Commento che  mi ha costretto a rivedere i miei programmi visto che ho dovuto revisionarlo non poco.
Diciamo che la prima stesura del pezzo era troppo, per così dire carica, sul lato emozionale, ma  presumo che spendere 4,50€ con mille aspettative, e vederle deluse pagina dopo pagina possa irritare parecchio.
Comunque  visto che è la sua prima recensione, diamogli il benvenuto, d'altronde come dico sempre, è  meglio ascoltare più campane per farsi un idea di quello che succede al di là del proprio naso. Anche se la campana in questione è Loreto.
Buona lettura di questa atipica recensione pasticciata a quattro mani e soliti baci ai pupi.

"Finalmente" ho letto Orfani!
Dopo tutto gli hype ed i flame nati su  questa serie ancor prima della sua pubblicazione, prenderlo è diventato un obbligo, se non altro per non essere tagliato fuori dai vari gruppi e forum, dato che disquisire su Orfani sia la regola del momento. [La vita è fatta di priorità ndGen]


Dal punto di vista editoriale direi che Recchioni ha vinto, nel bene o nel male, che sia piaciuta o meno, il nuovo mensile dell'autore romano e di Mammucari è la serie italiana più discussa del momento.

Professione Flamer

Incuriosito soprattutto dalle feroci stroncature di parecchi lettori che, a mio parere, sembrano dovute più a un odio incondizionato [odio addirittura! ndGen] verso l'autore che all'opera in se, mi sono deciso a comprarlo e leggerlo, [e sono tre volte che lo dici la cominciamo sta recensione o no?! ndGen] (anche se non trovi molto allettante l'idea di spendere 4,50€  in più al mese).

Prima le buone notizie.

La veste grafica è ben fatta, il prodotto si presenta moderno e accattivante e le copertine del grande Massimo Carnevale danno quell’incentivo in più. I disegni di Mammucari sono molto godibili e nonostante sembra che resti ingabbiati nei soliti canoni delle geometrie delle tavole Monelli, sembra che riesca a trovare lo spazio per concedesi qualche piccola licenza stilistica, tipo qualche splashpage qui e là.  
Ma la vera rivoluzione sta nei colori, mai così ben utilizzati in altre edizioni della casa editrice di via Buonarroti che, oltre ad arricchire i disegni, contribuiscono a dare spessore ed emotività alla trama, suggerendo con vari cambi di tonalità l'atmosfera che i due autori vogliono trasmettere.

Ecco una cosa che accomuna gli articoli su Orfani che ho letto in giro, mai come per Orfani, il contributo del colorista è diventato così importante, il colorista, questa figura che nessuno si fila di solito, e non me ne vogliano i coloristi, in Orfani diventa un incentivo all’acquisto, il bastone  grazie al quale si aiuta una sceneggiatura claudicante, che ha fatto dell’arte della citazione la sua ragion d’essere [ndGen]

Dal punto di vista della sceneggiatura, beh, diciamo che qui se l'asino non casca del tutto, è il caso di dire che vola abbastanza basso:
La storia si articola in due linee temporali:  il passato - dove si narra della gioventù e quindi dell'addestramento degli "Orfani" e il presente (o il futuro?) [lo stai chiedendo a noi?ndGen] -dove troviamo i personaggi cresciuti, addestrati e trasformati in macchine da guerra.
Una sceneggiatura che IMHO  [e sottolineo la sua IMHO! ndGen] ho trovato ricca di un bel pò di forzature.
Tipo perchè spendere tempo, soldi e carburante per salvare dei bambini, dividerli in gruppi per poi riabbandonarli ed osservare come se la cavano?
Il fatto che questi ragazzi siano sopravvissuti alla distruzione della Terra, non basta come prova per quel che concerne il loro istinto di sopravvivenza?
Aldilà della palese volontà di trasformare il fumetto in una sorta di clip di uno shoot'em' up dell'ultima generazione, che funzionalità ha una lotta con un orso furioso?
Che a voler essere pignoli non regge come Boss finale, specie se il livello precedente è stato salvarsi da un olocausto.
Trovo che sia proprio questa forzata videoludicizzazione del fumetto che mi ha lasciato abbastanza deluso per questo numero uno. 
Momento topico - Uno dei ragazzini del gruppo, si sacrifica per salvare gli altri dandosi in pasto all'orso di cui sopra.
Un martire di una decina d'anni, che davanti ad una bestia inferocita, resta volontariamente immobile e si fa sbranare manco fosse sotto morfina, per far salvare un gruppo di sconosciuti con i quali fino a poche pagine prima i rapporti non erano nemmeno così tanto rosei.
[Sei l’unico convinto che il tipo sia morto comunque ndGen]
In sostanza non c'è nulla di accattivante in questo primo numero, che sostanzialmente parla di un improbabile battesimo di fuoco di un gruppo di ragazzini sconosciuti l'un l'altro, miracolosamente scampati ad una catastrofe in cui hanno perso tutto quello che avevano di più caro, eppure nonostante la giovane età riescono ad orientarsi in un ambiente sconosciuto e ostile, capendo da soli dove andare e che fare, e sopratutto, a comportarsi in una situazione estrema e di sopravvivenza, a prendere decisioni lucide e fredde, manco fossero dei piccoli Rambo.

[ma cosa ti lamenti? Amuro Ray guidava Gundam a nemmeno 15 anni Watta Takeo il Trider G7 e Kento Tate ha imparato prima a pilotare Daltanius che a farsi la barba! Come per questi cartoni, anche il target di Orfani non era certo un pubblico adulto, sarà un caso se il numero Zero era distribuito gratutitamente nei Gamestop, e la copertina ha forti rimandi grafici ad Halo?  Oltre il citazionismo dell'opera nipponica, che esalta un eroismo adolescenziale, tipico degli cartoni degli anni'70 '80, non c’è molto altro. ndGen] 
Sinceramente trovo più credibile Spiderman! [se intendi Superior sappi che questa è la prima ed ultima recensione che scrivi per il blog, non è che Otto Parker sia rivolto ad un target differente da
quello di Orfani. ndGen]

In conclusione
Avevo promesso di restarmene fuori ma già che ci sono, vi dico anche la mia opinione:


Questo pezzo postato dallo stesso autore sul suo blog sembra mettere un tappo in bocca a tutti gli hater della sua creazione,  una volontà di sottolineare la differenza tra plagio e citazione.
Ma il problema di Orfani è quello? L’imbarazzante quantità di citazioni? O il riciclo?
L’impressione che ho avuto io, è stato di leggere una sorta di Frankenstein, un patchwork di sceneggiature prese in prestito da questo o da quella opera (che sia cinematografica, fumettistica o videoludica).
Una sceneggiatura che è un po’ la cronaca di un successo già annunciata, piena di rimandi e dejavù, e che una volta interpretata si lascia leggere senza sorprendere, perchè scivola pagina dopo pagina in un susseguirsi di situazioni abbastanza stereotipate nella loro godibilità.
E pazienza se gli alieni sono una via di mezzo tra Glob Herman, Slushh del Sinestro Corps e Brimstone, pazienza se i dialoghi sembrano strappati al monitor del vostro pc mentre giocate a
Medal of Honor,  Orfani è una lettura leggera forse troppo, ma solo per chi cerca nel media fumetto altre cose. Uno shoot’em up last generation.
La sceneggiatura è inframezzata da situazioni o scene pescate un pò in giro, espedienti narrativi e grafici, in cui vi siete già imbattuti in passato, e che vi hanno emozionato.
L'emozione che si sente con Orfani è la copia di una copia di una copia, sotto questo aspetto sembra un trattato di pedagogia, in cui il lettore riveste il ruolo dei cani che sbavano al suono della campanella.
Se deve tenervi compagnia una trentina di minuti in treno è un’ ottimo investimento, ma non dovreste aspettarvi altro.
E se i lovers vogliono ostinarsi a volergli dare il ruolo del salvatore del fumetto italiano, si limitino almeno a specificare che, se rivoluzione c’è stata è limitata al lato grafico della serie. Ed è limitata in seno alla storia fumettistica dell'editore
Però ricordiamo anche, che anni ed anni fa ci sono già state eccezionali sperimentazioni sul colore, anni e anni fa un manipolo di autori italini raccolti sotto il nome di SHOK Studio, produssero due fumetti che in Italia furono semplicemente anacronistici, per quel che concerne le tavole, lo storytelling  ed il colore: Cyberpunk West e  Egon, tarantiniani nei testi e bisleyani nei disegni.
Orfani non è un brutto fumetto, ma d’altrocanto la sua bellezza è vittima di una pesante sensazione di già visto, la sua godibilità sembra automatica, inevitabile, artefatta, studiata a tavolino. Si prenderà? 
No - il suo impeccabile confezionamento, si ripercuote sul prezzo, e proprio il prezzo, lo mette in competizione con altri fumetti, con i quali esce sconfitto (IMHO), in edicola a 1,20 in meno c’è un fumetto con una godibilità infinitamente maggiore, e non serve nemmeno che vi ricordi di cosa parlo. Poi de gustibus, beh quelli non si discutono mai.
E come dice Forrest Gump, visto che non si fa altro che citare ultimamente:
Non ho altro da dire su questa faccenda.
Baci ai pupi.

(Revisione, supervisione, Parental control, ed accompagnamento di Cardillo Gennaro)

domenica 20 ottobre 2013

Longshot il gastone della casa delle idee



“Se prendete un uomo e gli togliete nome, passato, identità e ricordi…cosa resta?
Ce la farà ad andare avanti?
Gli basterà la sua anima?”

Herman Hesse? Maddechè Ann Nocenti,meglio conosciuta come la donna che si prese la briga di prendere le redini di Daredevil dopo la cura Frank Miller.

Il testo è ripreso dalla prima didascalia di pagina 8 di Longshot numero #01 sublime miniserie che Panini ha riproposto proprio in questo mese sulla collana Marvel Gold #39,  la linea di brossurati da fumetteria che propone il più delle volte (non sempre) materiale reperibile a prezzi inferiori se avete la fantasia di cercare proposte alternative.
Qualche esempio? Se no dite che poi sono pesante e dico sempre le stesse cose senza documentarmi:
I Vendicatori contro i Difensori (Supereroi Grandi saghe #17),  La guerra Kree-Skrull (Supereroi (Grandi Saghe #14), Infinity Gauntlet (Supereroi Grandi Saghe #80, o addirittura su Marvel Comics Presenta #01 - #06 costa anche meno), La guerra delle armature (Supereroi Leggende Marvel #24) e potrei continuare per un altro paio di volumi, tipo L’Uomo Ragno la morte di Jean DeWolff, che a rimediare gli spillati Star Comics si spenderebbe non più di 5-6€.
Si lo so cosa state per dire:
“E’ un tipo di pubblicazione rivolta ad un diverso bacino d’utenza, un altro tipo di lettore”
Con ‘sta storia del bacino d’utenza diverso…ma non sono lettori di fumetti anche quelli?
Ma poi come lo chiamereste il bacino di lettori che pagano 15-18€ per storie che potrebbero leggere anche a meno di 10€? No perché io un paio di appellativi ce li avrei, però poi magari tra voi qualcuno potrebbe sentirsi offeso a sentirsi chiamato pirla (cazz…l’ho detto!) e si incazza pure, ed io non voglio che vi arrabbiate quando bighellonate sul mio blog.
Quindi non lo diciamo, limitiamoci a chiamarlo il bacino dei poco svegli và, chiamiamolo così.
Puro Fair Play.
Quindi dicevamo, sull’ultimo Marvel Gold reperibile in fumetteria adesso, Panini ci ha ristampato una delle miniserie più carine della metà degli anni’80, la miniserie che lanciò  al pubblico l’affascinante biondino con due cuori, che da lì a poco, visto il riscontro positivo dei lettori sarebbe stato adottato nella famiglia dei mutanti di Claremont.
Nella dimensione parallela chiamata Mojoverso, dominata dal cattivissimo Mojo, furono creati dallo scienziato Arize, una casta di uomini e donne simili ai terrestri con alcune differenze anatomiche, tipo un cuore in più nel petto, un dito in meno per mano, e una forte inclinazione a vivere da schiavi agli invertebrati, tra questi schiavi Arize ne creò, che dotò, oddio si puo dire dotò, sembra il nome di un piatto giapponese, comunque dotò della capacità di alterare le probabilità a suo vantaggio, qualità che sulla terra gli fece guadagnare l’appellativo di Longshot, un complicato gioco di parole che in pratica sottolienava il fatto che il nuovo eroe di New York, per quanto si cacciasse in imprese con poche probabilità di vittoria, riuscisse sempre ad uscirne indenne, in inglese longshot, vuol dire lancio lungo, scommessa azzardata, impresa rischiosa, da qui fortunato.
Arize plasmò il suo schiavo più importante della capacità di ribellarsi agli invertebrati,  qualità che lo portò ad essere il leader della rivolta degli schiavi, rivolta che purtroppo non ebbe un epilogo felice, la miniserie comincia con Longshot, in fuga da una banda di animali antropomorfi, che sembrano del tutto intenzionati a riportarlo dai suoi padroni vivo o morto.
In pratica gli invertebrati gli hanno cancellato la memoria, ma la fortuna del nostro affascinante eroe lo aiuta nella sua confusionaria fuga, ed attraverso un inaspettato varco dimensionale giunge sul pianeta Terra, nella solita New York, fuggendo dai proiettili dei suoi persecutori.
Questo è l’incipit della deliziosa miniserie di Ann Nocenti, qui al suo vero esordio nella casa delle idee (allora poi è il caso di dire erano quasi tutte buone idee tranne forse Secret Wars 2).
Nei 6 numeri raccolti nel volume Panini, Longshot farà la conoscenza di bellissimi personaggi, tutti magistralmente caratterizzati, che difficilmente non susciteranno le vostre fantasie, come il survivalist Elliot, il catastrofista che vive come un eremita in un bunker sotterraneo ai margini di un bosco, in attesa che l’umanità si autodistrugga con il nucleare.
La bella stunt girl chiamata Rita Ricochet, e la troupe del regista Hitch, la nuova promessa del “cinema spazzatura americano” (parole sue non mie).
Just let me die, l’esilarante terzo numero, vede Longshot coinvolto in un improbalissimo team up con uno sfigato di nome Theo, con il quale decide di assaltare quei ladri della compagnia elettrica, e qui mi fermo per evitare di rovinarvi troppo le sorprese del tomo, che ripeto è una piacevolissima lettura. Una storia sicuramente divertente e coinvolgente, che gioca molto sulla geniuina innocenza delle azioni di un uomo senza passato e memoria, che conquisterà anche i nuovi lettori che conoscono poco il personaggio, che credo oggi editorialmente si sia perso nel labirinto delle dimensioni parallele insieme agli Exiles.
Una godibile avventura che tecnicamente varrebbe pure il costo del volume Panini, una storia in cui non mancheranno gli incontri/scontri tra il nostro affezionatissimo (vi ci affezionerete o consideratevi dei mostri insensibili) e varie calzamaglie residenti nella grande mela, tipo l’Uomo Ragno, ed il dottor Strange, colpi di scena, drammi e situazioni più distensive, il tutto raccontata da dialoghi mai banali o piatti, ma sempre divertenti ed appetibili.
Il disegnatore della miniserie poi è un ispiratissmo Art Adams, co-creatore del personaggio, che con le sue anatomie affusolate dona alla storia quel fascino grafico che la rende un prodotto degno della vostra attenzione.

Occhio alla spesa

Longshot come detto è molto bella, io mi sono divertito a rileggerla per l’ennesima volta per recensirla sul blog, tuttavia il mio modus operandi non cambia, al vostro portafoglio ci tengo e quindi prima di tuffarvi a testa bassa sull’edizione Panini da 15 euro dovete sapere che esistono due precedenti edizioni, tutte e due Play Press e sicuramente almeno una delle due reperibile ad un prezzo minore.
Il Play Book Collection del 1992, raccoglie per interno la miniserie di cui sopra, in pratica è identico (anche per la carta) al Marvel Gold, solo che costa sicuramente meno,  se spulciate internet e fumetterie potrete trovarlo anche ad un prezzo non superiore ai 5€.
Per completezza vi dico anche dove rimediare la primissima apparizione di questa squisita miniserie: su X-Marvel (Play Press) sui primi 6 numeri, che forse a ben cercare potreste trovare anche ad 1€ l’uno con lo svantaggio di trovarvi con altre storie segate, tipo quella di Excalibur contro le parodie dei cartoni della Warner, Having a wild weekend disegnata da Erik Larsen.
Mi sa che vi ho detto tutto, ovviamente la morale è che consiglio la lettura e l’aquisto di questo volume, se
risparmiare o meno dipende solo da voi.
Buona lettura e baci ai pupi.

sabato 19 ottobre 2013

L' invasione dal Cosmo

Abbiamo già affrontato con  Dario un pò di tempo fa la faccenda delle edizioni economiche, dei grandi volumi europei, torniamo a parlarne adesso con due serie uscite in edicola in questo periodo tutte e due edite dall' Editoriale Cosmo, la casa editrice emiliana grazie alla quale abbiamo potuto mettere la parola fine alle avventure di Durango, iniziate qualche anno fa dalla GP e non concluse, per una questione (presumo) di guadagni.
Cosmo invade le edicole con una serie di titoli interessanti, tra cui è lecito anche solo segnalare Wanted, il primo western a colori in formato comic book, brossurato da 3,50, e sottolineo a colori, non per altro, ma perchè sembra che la Bonelli con Orfani, abbia costruito la cupola di San Pietro, editando l'utlima fatica di Recchioni nella magia del technicolor, (90 pagine 4,50€), dimenticandosi che lo fa periodicamente, ogni 100 numeri , per tutto il resto delle sue testate.
Ma in questo pezzo non ci occuperemo di Orfani e nemmeno di Wanted, quanto piuttosto di due titoli interessanti, un fantasy delle stesso autore di Durango, chiamato La Leggenda e una miniserie in 10 numeri veramente accattivante (per adesso) chiamata Il Decalogo.
La Leggenda è un fantasy di Yves Swolfs, ovvero lo stesso autore dei più godibile spaghetti western da quando Sergio Leone ci ha lasciati.
Tristan Halsbourg è l'erede al trono di un ducato della Francia o giù di lì, scampato al massacro della sua famiglia per mano dello zio Matthias e del suo consigliere Milos Shaggan, durante un vero e proprio colpo di stato, portato via dalla sua nutrice poco più che neonato Tristan è lasciato nella foresta ed allevato da un uomo che vive con i lupi.
Questo è l'incipit di una saga che verrà proposta in tre albi mensili dall'editoriale Cosmo, in formato bonellide  su carta certificata PEFC e stampato in Italia, lo so, sono monotematico, ma mi piace pensare che se adesso la Bao stampa in Italia, beh almeno l'etichettatura dice così, è perchè ha sentito puzza di boicottaggio da parte di quelli che fanno caso a molte cose in un volume, oltre l'autore ed il disegnatore.
La leggenda  ha dalla sua molti pro: è in economica, dura solo tre mesi, è disegnata bene (anche se il resize, non giova a volte, alle matite particolareggiate di Y.Swolfs), la storia è ben articolata ed i personaggi sono tanti e tutti carismatici, non che ci sia qualcosa di ancestralmente nuovo in un erede al trono scampato al massacro ancora in fasce, che poi ovviamente ritornerà a prendersi ciò che è dovuto dopo essere passato attraverso una gioventù di esperienze che lo segneranno. Tra le cronache del ghiaccio e del fuoco, tra i Targaryen e Stark, di casa Martin o l'Aragorn di casa Tolkien, (a voler essere pignoli c'è pure Rapunzel) la letteratura fantasy è piena di questo espediente narrativo. A giovare all'appetibilità della storia interviene l'approccio cinico dell'autore, che abbiamo già avuto modo di conoscere in Durango. Swolfs imposta una trama dal taglio molto adulto, nonostante il genere sia molte volte vittima di soluzioni narrative e characters a dir poco stereotipati: maghi di corte ambiziosi, usurpatori folli, e principi abbandonati allevati da bruti, non sono certo esclusiva dell'autore, il Conan di Thomas ascese al trono di Aquilonia, uccidendo un re folle che sgozzava vergini e il suo burattinaio, il mago di corte, tuttavia gli intrighi, le situazioni, i dialoghi ed in personaggi di La Leggenda, fanno di questa miniserie dell'editoriale Cosmo, una piacevole alternativa in edicola. Vivamente consigliata a tutti, specie a quelli che come me sono stufo di aspettare che Martin metta la parola fine alle sue cronache. Voto 8.
Di tutt'altro genere è il Decalogo, una miniserie di 10 storie, che la Cosmo dovrebbe raccogliere in cinque albi, che raccontano le vite o meglio gli stravolgimenti delle vite di coloro che nel tempo arrivano in possesso delle trascrizioni di un antico manoscritto, il Nahik, che nel corso dei secoli ricomparirà nelle mani di diversi personaggi, in storie dagli intrecci tipici del fumetto europeo, di personaggi sparsi su una immaginaria linea di tempo
che dai giorni nostri corre indietro fino alla morte di Maometto. Il complesso arazzo è di Frank Giraud, alle matite si alterneranno vari autori del palcoscenico europeo, il primo numero contiene i primi due precetti del decalogo: "Non ucciderai" è disegnato da Joseph Behè, la cui bellezza delle matite non viene intaccata dal resize o dall'ingrigimento del l'economica (decalogo costa 3,20 ed ha 110 pagine) - un giovane letterato, arriva in possesso di una copia del Nahik risalente al 1831, e la sua vita dibirà una brusca virata verso l'avventura. Basta anticipazioni non voglio rovinarvi il gusto della lettura. La seconda storia, ancora più appetibile della prima, "Resterai in ascolto della tua coscienza per scorgervi la voce di dio", è disegnata da un Castelliniano Giulio De Vita, parla del ravvedimento di un bullo di origini arabe della periferia parigina. Una storia veloce ed avvincente con molti spunti dalla cronaca contemporanea, dalla persecuzione dell'autore dei versetti satanici, al reclutamento nelle fasce del popolo meno abbienti dei terroristi della Jihad, come visto nel bellissimo film con Clooney e Damon, Syriana. Merwan, un aspirante fondamentalista, incontra per puro caso unodei bersagli della guerra santa, uno scrittore che dopo aver letto le verità del Nahik, ha scritto un libro che contestava le interpretazioni del Corano che sono alla base della guerra Islamica. Storia deliziosa che mi ha co
nvinto a leggere il resto di questo Decalogo a fumetti, buon per me, di quello in celluloide non sono mai riuscito ad andare oltre i primi 20 minuti della prima VHS. Voto 9.
Morale: tocca sostenere questi apprezzabili, sforzi cosmici, che non avendo la fortuna dei Saldatori di aver invaso un mercato tanto agguerrito come quello delle edicole, con l'arma finale definitiva (The Walking Dead), hanno ripiegato su una serie di titoli interessantissimi ed alternativi, di cui vi consiglio decisamente la lettura! 
Baci ai pupi.

venerdì 11 ottobre 2013

Un Diavolo per Marvel Now



"Ooooh anvedi! Ciao Dario come va?"
"Bene e te?"
"Massì ci sto dentro dai. E' parecchio che non ti sento, che stai a fa?"
"Ma niente, solita routine, solito tram tra, soliti cazzi, insomma niente di nuovo. Te novità?"
"Nulla, a parte che finalmente sto colmando le mie lacune riguardo al Sandman di Gaiman, poi tutto come da copione, io lavoro e la moglie spende."
"Lascia sta!"
"Hum e che te stai a lègge sto periodo?"
"Ecco apposta ti scrivo, ti ho mandato un commento sul mensile Marvel Now Devil e i Cavalieri Marvel, che ne dici?"
"Dico che culo, del Marvel Now, nel blog, non ne stiamo parlando proprio!"
 [Risate]
"...Quindi che si fà? La posti?"
"E certo lo sai che amo i differenti punti di vista, poi parli pure male dei Thunderbolts che invece a me piacevano! Ma d'altronde questa è Fumettopenia: sono tutte variabili, l'unica costante è che ci piacciono i fumetti."


Come ormai sanno anche i muri, almeno quelli appassionati di fumetto, è in corso da qualche mese un rinnovamento nel parco testate Marvel atto a rilanciare i suoi eroi in calzamaglia e ad attirare nuovi lettori. Il Marvel Now (così è stata nominata la nuova campagna promozionale) è arrivato anche in Italia, non è un vero e proprio reboot come quello di casa DC, bensì un restyling delle varie serie attuato prevalentemente grazie a un rimpasto di team creativi e a nuove direzioni narrative per i vari personaggi.

Non tutte le serie americane sono state interessate da questo rilancio in grande stile, diamo un'occhiata a cosa è successo da noi a qualcuna delle testate Marvel targate Panini Comics. In questa prima chiacchierata prendiamo in esame la serie Devil e i Cavalieri Marvel.

La portata principale è offerta dalla nuova serie di Daredevil della quale in Italia siamo poco oltre il ventesimo numero. Essendo stata rilanciata in grande stile da Mark Waid, Paolo Rivera e Marcos Martin poco più di due anni fa, alla Marvel si è deciso che Daredevil non sarebbe stata inserita nell'iniziativa Marvel Now. Visto l'ottimo successo riscosso oltreoceano dalla serie vincitrice di diversi premi Eisner, sarebbe stato controproducente lasciare la strada vecchia (relativamente) per quella nuova.

Daredevil è effettivamente una gran bella serie. Probabilmente dopo anni di toni cupi offertici da gente del calibro di Bendis e Brubaker era ora di dare una svolta al personaggio, un cambiamento di toni che perdura tuttora a distanza di un paio d'anni dal rilancio.

L'idea di Waid è semplice ma funzionale: ridare a Daredevil il suo significato originario, qualcosa che suona simile alla parola scavezzacollo. Dopo anni di tragedie e brutture Matt Murdock si fà un esame di coscienza e decide che basta, non vuole più vivere nel dolore, è ora di riportare in vita il Devil solare di tanti racconti del passato, epoca pre-Miller per intenderci meglio. Cambia lo stile di disegno che diventa più aperto, più arioso, fantasioso quanto possibile nello storytelling, capace di trasmettere quella sensazione di leggerezza voluta da Waid creando sequenze ben congeniate e trovate visive azzeccate. Entrambi i disegnatori della prima ora (Rivera e Martin) realizzano a mio avviso un lavoro coi fiocchi mentre il tono generale passa dal vecchio hard-boiled delle gestioni precedenti a un impianto più classicamente supereroico/action. Waid è sicuramente in grado di scrivere delle buone storie, inserisce nuovi comprimari come il bel procuratore distrettuale Kirsten McDuffie, donna affascinante che nutre forti sospetti sulla vera identità di Devil (che ormai conosce chiunque), valorizza nella giusta maniera i vecchi come Foggy Nelson e mescola un po' le carte in alcune interessanti sottotrame.

Ora, in pieno Marvel Now, a che punto è Daredevil?

Beh, al timone della parte grafica c'è ora Chris Samnee, disegnatore dotato di talento che prosegue in diversi aspetti la strada tracciata dai suoi immediati predecessori facendolo però con stile personale e riportando alle tavole un pizzico di oscurità in più, nulla che vada però a intaccare il lavoro di aggiornamento che Waid continua a cesellare sul personaggio. Waid non manca di incasinare la vita di Murdock e i suoi rapporti con le persone che gli stanno attorno, senza mai andare a creare quell'atmosfera di tragedia e dolore che caratterizzava spesso le precedenti gestioni. Non mancano infatti i siparietti scanzonati, gli scontri/incontri con altri eroi Marvel e gli episodi inediti provenienti dal passato di Matt Murdock. Ottimo il lavoro anche su alcuni episodi singoli slegati dalle trame principali. Il tono rimane quello più supereroico rivolto in misura maggiore a un pubblico più giovane. La scelta della Marvel non si può certo condannare, è pur vero che per garantire un futuro al fumetto il ricambio generazionale è fondamentale. Se poi l'operazione la si compie con queste premesse non si può proprio dir nulla.

Tutto bene quindi? Tutto bene, tutto bene però... però questo non è il mio Devil. Certo è una bella serie, ben scritta e curata da artisti talentuosi ma molto molto diversi dai Maleev e dai Lark ai quali tanto mi ero affezionato. Oggettivamente un bel lavoro, soggettivamente... beh, io ho mollato (Anzi, per chi fosse interessato la serie è in vendita). Semplicemente un ottimo Devil rivolto però a qualcun'altro.

Il resto della testata da cosa è occupato? Lasciando da parte il passato, dall'avvento del Marvel Now i serial comprimari sono Punisher War Zone e Thunderbolts.

Dopo una buona run del Punitore a opera di Greg Rucka e del nostro Marco Checchetto durante la quale Frank Castle veniva immischiato in una serie di bei casini, è una miniserie di cinque numeri a raccontarci le conseguenze dei casini di cui sopra. Frank Castle è in fuga, braccato questa volta non solo dalla polizia ma anche dai Vendicatori. Una sorta di caccia all'uomo dove gente come l'Uomo Ragno, la Vedova Nera e Thor si danno il cambio per acciuffare il buon vecchio Frank. Rucka è sempre al timone e Carmine Di Giandomenico sostituisce Checchetto alle matite. Niente, il Punitore rende meglio quando non ci sono troppi super-tizi a ronzargli intorno e questa mini mi sembra un deciso passo indietro rispetto alle buone (ma non eccelse) atmosfere della serie precedente. Inoltre le matite di Checchetto avevano una marcia in più, il nuovo disegnatore non incontra il mio gusto per quanto da buon compatriota io faccia comunque il tifo per lui.

L'idea che sta dietro Thunderbolts mi fà invece schifo assai. Si prende un gruppo di personaggi noti e meno noti, li si butta insieme nella mischia e si vede cosa ne può venir fuori. Ok i rimpasti, i nuovi gruppi, ma un minimo di background vogliamo mettercelo? Questa cosa può funzionare con i mutanti, in fondo sono una grande famiglia, ma qui? Ancora con questa storia della squadra costruita a tavolino per occuparsi dei lavori sporchi... e no, basta. Hulk Rosso, il Punitore, Elektra, il nuovo Venom e Deadpool, una scelta pretestuosa per una serie che, visti i primi numeri, non ha davvero nulla da dire. Ovviamente si parla di lavori sporchi e chi disegna? Ma Steve Dillon, è logico. Come dire che si stava meglio quando si stava peggio, il clichè è servito. Scrive Daniel Way, vedete un po' voi.

Dario Lopez