Si, questo è un altro blog sui fumetti. E come suggerisce il nome, indica una malattia: la dipendenza dai fumetti.

Benvenuti nell'ennesimo posto del web, saturo di dissertazioni e soliloqui, commenti e suggerimenti sulla nona arte.
Perchè fondamentalmente, chi ama i fumetti, non ne hai mai abbastanza, e non solo di leggerli, ma nemmeno di pontificarci sopra.

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Fumettopenìa è dedicato a Fumettidicarta ed al suo papà Orlando, che dal 2009, non ha mai smesso di farmi credere che scrivessi bene! Anzi scusate, che scriverebbi bene. E se adesso migliorato, lo devo sicuramente ai suoi incessanti consigli.

sabato 26 novembre 2016

Una normale famiglia italiana di cannibali



Non ho mai particolarmente apprezzato lo splatter come genere.
Anzi direi che non l’ho mai potuto reggere più di tanto.
Per esempio, non ho mai finito di vedere un film di Rob Zombie in vita mia, se posso, robe come Cannibal Holocaust e Green Inferno, faccio a meno di vederle,
stesso dicasi per Cabin Fever, The Hostel, Non Aprite quella porta, tutte pellicole che non reggo fino alla fine, e che se costretto a guardare da improbabili serate tra amici, guardo con un occhio solo.
Non che abbia paura, però di sicuro un film su un pazzo che passa le ore a scuoiare e scannare senza ragione a destra e a manca mi mette di sicuro più ansia che un film sulle possessioni demoniache o su fantasmi vendicativi ed assassini.
Nei fumetti è  la stessa cosa, mai letto Mostri e Splatter ai tempi che furono, e di sicuro Delirium, è uno dei Dylan Dog che più mi lasciano inquieto.
Più che altro lo trovo un genere altamente ripetitivo, un po’ come il fantasy, dove gli elementi con cui costruire una storia sono sempre gli stessi e gli autori devono inventarsi, modi sempre più improbabili di sconcertare il lettore, scegliendo nuovi  modi per evirare, amputare squartare…un po’ come il Punitore Max di Ennis, di base la storia era sempre la stessa, ma per lasciare i lettori coinvolti, toccava trovare nemici sempre più meritevoli delle peggiori infamate Frank potesse immaginare.
Per questo motivo, quando mi sono ritrovato a leggere 11 numeri di fila della Famiglia cannibale italiana delle Edizioni Inkiostro ero decisamente scettico sull’appetibilità del prodotto.
Inoltre era un prodotto italiano, e l’ultima cosa con etichetta italiana, che io abbia letto ed apprezzato, credo di averla pagata in lire.

Quando il signor Piccioni  quindi ( che io ovviamente, non sapevo chi fosse, se non un membro del gruppo facebook legato al blog) mi ha contattato per propormi la lettura della sua Cannibal Family, ho cominciato ad avere i sudori freddi.
Con il passare degli anni, ho dovuto rendermi conto che la mia attività di blogger, non mi ha portato certo le simpatia degli editori, anzi diciamo che non godo di troppi favori in genere alle corti  di questi, ma a dirla tutta se è per questo nongodo di forti simpatie nemmeno tra parecchi lettori, ho perso il conto della gente che mi segnala, mi blocca, mi cancella, una situazione che confesso, ormai mi diverte, è bello fare la parte del Dottor Morte, non ci vuole poi mica tutta questa abilità a sviolinare dediche melense a Tizio, Caio e Sempronio, quindi tutto sommato va bene così.


Il teorema pessimista di fumettopenia, per chi segue il blog è abbastanza noto, vale a dire l’annichilimento del fumetto italiano per mano di autori mediocri, lettori dementi e circuito critico marchettaro ed asservito, credo si trovi QUI, è per questo che quando è arrivato il corriere con questo bancale di materiale da leggere in casa, una volta convinto mia moglie che voleva accoltellarmi convinta che avessi pagato il tutto, mi sono ritrovato nella spiacevole condizione, eticamente parlando di privato con uno strumento divulgativo e con del materiale di un editore in visione.
Un passo falso e l’etichetta di marchettaro era attaccata per sempre.
Neanche per sogno,  ma credetemi non è una situazione semplice, per questo mi sono preso i miei tempi ed ho letto Cannibal Family, un albo alla volta, con le dovute pause, per il semplice piacere di leggerlo piuttosto che come un lavoro da svolgere.
E comunque il sig. Piccioni era stato avvisato, non sono esattamente di bocca buona e vivo nella felice condizione di pregiudizio selvaggio verso i prodotti nostrani.
Con il passare dei giorni però, mi sono accorto che nonostante i tocchi di carne ed i litri si sangue che sfondavano la griglia e mi si riversavano addosso, questo benedetto Sig. Petronio mi stava catturando in maniera inquietante.
Al punto che negli ultimi giorni ho letto solo ed esclusivamente quello, fino all’ultimo numero pubblicato, l’undici, una lettura da cui è emersa una buonissima storia (nonostante lo splatter), una caratterizzazione dei personaggi assolutamente più che dignitosa, un progetto seriale audace nonché una sceneggiatura  incalzante che splitta tra passato e presente con una facilità disarmante, gravida di personaggi e situazioni godibili ed intriganti.
Senza spoilerare troppo posso dirvi che nel mio caso, galeotti furono il personaggio della cagna nazista,  che da sola è un ode sublimata alla sindrome di Stoccolma, e Gabriele il nipote pazzo che cresce di spessore come character, numero dopo numero.
Il comparto grafico della serie è notevole, dalle copertine alle tavole, è tutto un bel vedere se proprio vogliamo trovare il pelo nell’uovo, le più deboli, sono alcune storie che illustra lo stesso Piccioni, tipo l’ultima parentesi in Giappone, in cui appare piuttosto confusionario e frettoloso, ma per il resto delle volte, anche l’editore barra scrittore si difende con onore.
Se il giovane Alfredo Petronio d’altronde ha il suo fascino demoniaco, è per merito di Piccioni che mi sembra di capire, sia l’ideatore della linea temporale in cui si narrano le vicende del passato legate a questo cannibale italiano.
Poi come già detto qualche riga più su, e non pensavo di scrivere in maniera tanto entusiasta per qualcosa di italiano: la serie è gravida di personaggi, sottotrame ed idee, come i vermi rigeneratori, il mattatoio in cantina, le cameriere in abitini sexy ammutolite da una ball gag alla bocca, che sono certo hanno qualcosa da raccontare prima o poi, visto la certosina passione usata sul cast dal team di autori.
Insomma, lungi da me, usare termini pomposi che di solito ormai riservo solo ai giganti inglesi, come capolavoro ed opera d’arte Cannibal Family nel panorama italiano è un’isola felice.

Magari definirla felice,visto i temi truculenti, non mi sembra il caso, ma è comunque un isola più che ospitale e fertile nel mare morto che è l’editoria italiana.
A grandi linee, per lasciare curiosi quelli che ancora non sanno cosa sia, il fumetto parla di una ricca famiglia italiana, i Petronio, i cui membri sono tutti dediti al cannibalismo.
Il patriarca, Alfredo però, impone un rigido codice morale ai membri della sua famiglia, a tavola cucinati in tutte le salse, ci finiscono soltanto membri della società che hanno in qualche modo recato danno al prossimo, dalla bella arrivista che sposa un allocco per denaro, all’imprenditore che licenza gli operai e opta per manodopera a basso costo, il codice morale di Petronio insomma  prevede che solo chi merita una punizione esemplare, finisca nella sua dispensa, una trovata semplice che impedisce a chi legge di estraniarsi ed annoiarsi nella lettura, e che coltiva al contempo nei lettori,  una malcelata simpatia verso questa atipica famiglia, per alcuni di loro sicuramente se non altro.
Insomma sul gruppo facebook legato al blog che perdura nonostante tutto, non era raro leggere commenti entusiasti su questo editore, commenti che ho sempre preso con robuste e grosse molle, per via di mie quasi incrollabili e maligne supposizioni, dopo undici numeri devo fare un passo indietro e ridimensionare il mio pensiero nichilista: oggi il mare de merda italiano è cesellato da almeno un porto valido, e non è quello Proibito della Bao, ma è una sorta di inquietante Tortuga, che ammalia e conquista i suoi avventori con il fascino dell’ orrore puro.
Cannibal Family, è un prodotto nostrano altamente valido, forse uno dei pochi, e la piccola realtà editoriale  delle Edizioni Inkiostro è affascinante proprio per via del suo anacronismo, in un periodo editoriale in cui le uniche proposte editoriali sono in calzamaglia, figlie stupide del web, o opere (dio mi perdoni) sature di una autorialità che francamente poi latita, Inkiostro ha optato per un genere narrativo che pensavo inflazionato, morto e sepolto, e che in Bonelli per esempio, comunque non ha portato i risultati sperati, nonostante la campagna di marketing martellante come un bombardamento americano in Vietnam. 

Una scelta che pare sia stata abbondantemente premiata dai lettori, e Moore mi perdoni, anche da me.
Quindi si, visto la mia reticenza verso il genere e la nazionalità della serie, e visti i risultati, non posso che consigliarvi la lettura di questa Cannibal Family, se poi siete di quelli che ai concerti di gruppi grindcore adorano ricevere in testa secchiate di frattaglie dagli artisti sul palco, direi che Cannibal Family è un prodotto essenziale.
Ma credo la vera vittoria sia conquistare lettori che detestano il genere splatter, e la bravura di Piccioni e co. (perdonatemi se non cito tutti) ha saputo relegare gli sventramenti ad una cornice.
Ora aspetto esca il dodici con inaspettata ansia.
Baci ai pupi.

Anzi c'è una cosa che poprio non mi è piaciuta di Cannibal Family: la ricetta in quarta di copertina, quella è davvero disturbante, ma inquieta solo me?

mercoledì 16 novembre 2016

La visione di Tom King


E' sempre così che va quando arriva sugli scaffali un volume che, sembra l'intera comunità di lettori aspetti con ansia.
Anche se sostanzialmente non ti tange, c'è una piccolissima parte del tuo cranio, autonoma, che continua a lavorare a pensieri negativi ed autolesionisti, un pò come quando sai che c'è una festa della madonna in città e tu per un motivo o per un altro la mancherai.
Vedi tutto in una prospettiva sballata.
E' esattamente questo che è successo con la famosa Visione di Tom King.
A sentire i lettori italiani, lo zoccolo duro, quello duro de comprendonio almeno, questa serie è una delle più rivoluzionarie nella casa delle idee, più adulte e più mature, addirittura.

Una storia carica di significati e di una analisi del diverso, come mai si era visto prima.
Io alla fine ho scelto di andarci a questa festa, ma memore dei mille bidoni tirati da editori e lettori, ho deciso di andarci da imbucato, ed il volume di cui sopra, invece di comprarlo, me lo sono fatto prestare in cambio dei due tomi di Providence di Moore e Burrows.
Ad occhio e croce direi che è andata meglio al mio compagno di merende.
Avrete intuito che al contrario di molti forum, siti e pagine di settore, a fumettopenia, questa famosa Visione, dopo attenta lettura, non ha fatto ne caldo e nè freddo.
E per quanto vi sembrerà incredibile, nonostante lo abbia letto appena due giorni fa, sta già scivolando via dalle maglie della memoria ad una velocità spaventosa.
Sia chiaro, non è manco una brutta storia, è che non c'entra assolutamente nulla con Visione, men  che meno con i vendicatori che ogni tanto fanno capolino nelle pagine.
Non so cosa gli sia successo a Visione durante le guerre segrete di Hickman, fatto sta che qui, all'alba dell'ennesimo restart Marvel, ce lo ritroviamo alla periferia di Washington, con moglie e prole sintezoide di ultima produzione.
In termini di continuity non si capisce bene questa scelta imperovvisa, non che Visione poi sia così vergine alla sperimentazione della vita di coppia.
Fatto sta che l' acclamata serie di King, si riduce a questo: un androide ansioso di emulare gli umani, va a vivere nella classica stradina di borgata borghese americana calandosi nella routine del vero sogno americano contemporaneo.

E come il genere umano che vuole emulare, si ritrova a compiere scelte  palesemente sbagliate.
Stravolgendo tanto per cambiare l'ennesimo character della casa delle pessime idee.

uno dei momenti evidentmente più adulti di Visione.

Nulla di nuovo se avete già visto, Rdward mani di forbice, American beauty, Desperate housewife, La moglie perfetta, e qualsiasi altra cosa di quel filone della serie "l'orrore dietro la quotidianeità".
Ignoro perchè i siti di settore ed i lettori si spertichino in complimenti melensi, come ignoro dove sia nascosta in questa lettura,  la chiave più impegnata della miniserie, insomma ho visto affrontare il tema della diversità in maniera più toccante in Voglia di Vincere con Micheal J. Fox nelle vesti di un adolescente licantropo.
Tutta la pantomima sul robot che si ostina a voler diventare uomo poi, è piatta e vecchia,  farne un cardine di questa ennesima delusione semiseriale (nel senso che ormai le serie non vanno oltre i dodici numeri) evidenzia una paurosa carenza di esperienze: i temi che qui si accarezzano appena, sono decisamente più vivi in altri prodotti:
Blade Runner in primis, ed ovviamente il romanzo originale da cui il film è tratto, o la saga di Ghost in the Shell di Shirow, o Io Robot, solo per citarne alcuni.
Il problema di questo Visione è doppio: come Thriller fantascientifico, l'ambientazione in un universo fumettistico come quello marvel è deleteria, le sporadiche apparizioni dei colleghi vendicatori sono ridicole e tremendamente fuori luogo, come fumetto Marvel è anche peggio, quello in quelle pagine non è certo Visione, al di fuori dei rendersi intangibile e volare, nulla di quello che fa questa Visione è riconducibile al membro dei Vendicatori. Non vedo in che modo un androide che copre il delitto della moglie o bullizza il preside della scuola in cui suo figlio è protagonista di un episodio di violenza su un ragazzino, possa essere ricondotto ad un characters che appena qualche serie fa era totalmente diverso.
Probabilmente con la giusta  etichetta l'idea di King ( ribadiamo, che ha tutto meno, l'originalità) poteva essere interessante, quel logo marvel però si porta dietro il suo carico rischioso, Visione è una storia di supereroi, e pertanto l'infausto finale del primo volume fa intendere che la trama si risolva alla solita maniera.
Poi in che modo la vecchia balia dei figli di Visione e Scarlet, sia un fantasma con tanto di nefasta profezia nell'ultima pagina, e una maga viva di carne ed ossa nelle prime pagine , io non l'ho capito, ma presumo sia perchè non leggo i Vendicatori da più o meno qualche secolo, da quando la balia di cui sopra, morì per mano di Bendis, in Vendicatori Divisi, IMHO il vero inizio della fine nella casa delle idee.
Deluso da questa ennesima lettura Marvel mi sono messo a cercare opnioni di altri siti, e mi sono imbattuto in quella di Comics Preview che ho trovato  a dir poco esilarante.


E’ un’opera destinata ad esaurirsi, poiché è, senza dubbio, la migliore serie supereroistica sul mercato.  Chi vi dirà il contrario non l’ha letta, oppure ha problemi personali con la Casa delle Idee o ha perso per strada il gusto del bello. Pochi fumetti di genere supereroistico hanno raggiunto, negli ultimi 10 anni, un livello qualitativo simile a questo La Visione volume 1 

Evidentemente ho problemi con la casa delle idee, perchè a me sta miniserie non solo non mi è piaciuta, ma faccio fatica ad inserirla nelle migliori letture della settimana, settimana in cui l'unica alternativa è l'Antman di Spencer, figuriamoci tra le migliori serie a fumetti degli ultimi dieci anni.


Tom King non si è limitato a raccontare un evento, ma è andato oltre, raggiungendo un livello di scrittura fuori dall’ordinario. King non ha mai scritto qualcosa del genere, mai con questo stile narrativo, avvicinandosi a tratti alla genialità di Alan Moore ed altri fumettisti “fondamentali”.


In questo passaggio mi è balenato il dubbio che forse non stavo leggendo un pezzo di un lettore disinteressato, ma una marchetta di un sito che si limita a fare da cassa di risonanza alle promozioni editoriali nostrane, perchè con tutto il bene che si può volere a questo Tom King, a me onestamente sconosciuto, ma paragonarlo al povero Bardo mi sembra che sia decisamente un' esagerazione.


Ci troviamo di fronte ad un fumetto scritto in maniera intelligente, con passione e libertà. Lo sceneggiatore ha avuto carta bianca per estremizzare certe situazioni, senza avere paura di maltrattare la caratterizzazione del protagonista. Il suo racconto è violento, estremo e lucido, lineare e carico di cultura. E’ analitico e mai superficiale. Non si può accostare minimamente a tutta la massa di albi portati in edicola e fumetteria in questo periodo storico.

Qui il dubbio si è trasformato: " vuoi vedere che io sto leggendo qualcos'altro?"
Poi ho letto il seguente passaggio ed ho riaperto Amazon alla ricerca di una edizione parallela magari sotto etichetta Marvel MAX.

Di supereroistico c’è veramente poco. Se ci fosse stato qualsiasi altro androide anonimo al posto del Vendicatore non sarebbe cambiato granché. Quanto narrato ha un valore universale e riguarda solo marginalmente gli essere artificiali, figli dell’uomo. I dialoghi ed i testi sono ricchi ed intelligenti. Stimolano il lettore, lo portano a riflettere e meravigliarsi.

Ma siccome non c'era nulla del genere, ho dovuto conlcudere che quelli di Comics Preview,  sono stati davvero inspiegabilmente folgorati da questa lettura, il perchè in tutta onestà lo ignoro, presumo o che abbiano cominciato a leggere da qualche mese, o che sia una imbarazzante marchetta per guadagnare visualizzazioni.
L'edizione panini è il cartonato con copertina gommata che va per la maggiore ultimamente, come bacino di utenza si rivolge esclusivamente ai completisti o ai tordi che credono alle parole di siti come quello da cui abbiamo estratto qualche passaggio.
Evidentemente il buon Lupoi, al contrario di Comics Prewiev, sapeva che pubblicare questa miniserie in edizione da edicola sarebbe stata un suicidio editoriale, come Squirrel Girl, d'altronde il traino cinematografico di Age Of Ultron e Civil War è ormai passato, evidentemente il direttivo avrà fatto due calcoli ed avrà pensato che non valeva la pena rischiare una grossa tiratura per un personaggio minore che non tutti conoscono, e che quelli che conoscono,  non è detto che apprezzerebbero vederlo in queste vesti ambigue alla American Beauty.

Per concludere, La Visione è un titolo da maneggiare con estrema cautela, è raccomandato ai compulsivi che non possono fare a meno di comprare, ai completisti, agli schiavi dell'unimente da social secondo la quale questo King, al pari di Kot e Lemire, sono i nuovi autori di considerevole importanza in circolazione.
14€ per i primi sei numeri di una miniserie che ha esposto più difetti che pregi, sono una spesa da valutare più e più volte, calcolando che per la conclusione toccherà spenderne altri 14 almeno. E tenendo conto che non è detto che la conclusione valga il costo totale di almeno 28€.
Probabilmente si finirà con il pontificare sui modelli cerebrali usati per creare prole e moglie, visto che per certi aspetti, sembra abbiano la programmazione comportamentale di Ted Bundy piuttoto che quella che ti aspetteresti dai parenti di un Vendicatore.

Il capitolo con la lista delle 30 e passa volte in cui Visione ha salvato il genere umano, è tra i punti più bassi della nona arte contemporanea, lento, noioso, e diciamolo, saranno anni che nella sottocategoria seriale, di cime se ne vedono ben poche, giusto il Multiversity di Morrison è riuscito a restituire della dignità al media, certo non King, certo non la sua Visione.
Nulla da Dire invece sulle tavole, ma come Rosanas, Hernandez Walta non ha alcuna colpa se è chiamato ad illustrare sceneggiature poco più che mediocri. L'impegno c'è ed è visibile, ma non è che solo l'illustratore possa fare miracoli.
Quindi per fumettopenia, La visione, può restare tranquillamente sugli scaffali, ovviamente il flop con il sintezoide, manco a dirlo, ha frenato l'entusiasmo anche per quasta fantomatica Pantera Nera, e se queste sono le teste di ponte della nuova Marvel, direi che ho fatto bene a metterle da parte, e comprare Paulette delle Edizioni Milano degli anni '70.

Vi lascio con un' altra massima tratta dalla recensione di ComicsPreview
 "Siamo di fronte al nuovo Blade Runner della Nona Arte"
Ma manco per il cazzo, semmai siamo di fronte alla più imbarazzante delle marchette.
Baci ai pupi.