“Le
montagne della follia” - di
N.J. Culbard Edizioni Magic Press
Brossurato 128 pagine 15€
Musica nuova in cucina dove la patata è regina
I più attenti che seguono la neonata pagina Facebook di Fumettopenìa, avranno notato che ogni tanto ci sono dei post siglati da JonSnow, ignoro perchè il buon BEEEEP abbia scelto di palesare le sue idee (sua è stata l'idea di fare un profilo Facebook del blog) ed i suoi commenti in maniera anonima, rispetto la sua scelta, anche se personalmente io mi sarei scelto un nome più ricercato: che sò magari avrei firmato i miei interventi Jamie Lannister post -Vargo Hoat.
Comunque, diamo il benvenuto ad ...cazzo stavo svelando l'identità segreta del nuovo redattore di Fumettopenìa, dicevo diamo il benvenuto a Lord Snow, bastardo di Casa Stark che ha deciso di contribuire alla longevità di questa pagina.
Nel ringraziarlo per l'aiuto, vi auguro una buona lettura, una buona serata, ed ovviamente ringrazio anche voi per il tempo che ci dedicate, spero che in queste pagine: il Blog, il profilo Facebook e Twitter fondamentalmente vi divertiate come ci divertiamo noi!
Baci ai pupi.
Lascio la parola a -jonsnow-
Cari lettori di fumettopenia,
spinto dalla passione del mio caro amico nonché Gennaro Cardillo, ho
deciso di collaborare con lui alla gestione della pagina FB prima, e del Blog dopo. Per cui in questo piovoso sabato di giugno, chiuso in casa arrabiato per
non aver potuto fare la mia corsa quotidiana, con i Cure in sottofondo, ho
trovato l'ispirazione per la mia prima recensione. Se ci sono errori vi prego
di perdonarmi e di avere pazienza. Non ho la pretesa di scrivere come Umberto
Eco o di avere le capacità critiche di Aldo Grasso...ma piano piano e con il
vostro aiuto miglioreremo insieme
- jonsnow-
Durante il mio giro settimanale alla Feltrinelli,
spulciando tutti gli albi della sezione fumetti con quel misto di pazienza
certosina e curiosità morbosa di cui noi
habituè delle fiere del fumetto siamo (inn)naturalmente dotati, mi sono
imbatutto in questo recente adattamento a fumetti di un racconto di Lovercraft.
Confesso che ahimè non sono un profondo conoscitore dello scrittore di
Provvidence, per cui al grido di “non è mai troppo tardi” incuriosito dal
titolo e dalla copertina, ho presso il volume e mi sono seduto immediatamente
in quelle comode poltrone che sono la delizia di ogni frequentatore della
libreria (quando non sono occupate). All'inizio ero un po' scettico, in fondo
si parla di una spedizione da parte di alcuni scienziati al polo sud e di non meglio precisati alieni, cosa di cui,
la letteratura e il cinema sono fin troppo
pieni. Poi però, leggendo, mi sono ricordato che H.P. Lovercraft scrisse
questa storia nel lontano 1926 e che probabilmente non stavo leggendo
l'ennesima versione di una spedizione qualsiasi al polo, ma bensi' “la
spedizione,”, ossia la storia che può essere considerata come vera e propria
antesignana di tutte i racconti horror e
fantascientifici che hanno contrassegnato gli utlimi 50 anni. E cosi pagina dopo pagina mi sono ritrovato
a vivere con i protagonisti il loro
senso di eccitazione prima e di angoscia e smarrimmento poi, di
fronte alla scoperta di strani fossili in luoghi dove non potrebbero e
dovrebbero trovarsi, circostanza che darà il via al ritrovamento di vere e
proprie forme di vita aliene ibernate, di fronte alle quali anche i cani della
spedizione sembrano trovare ansia e tormento.
Il tutto in un paesaggio irreale, un immenso
deserto bianco all'apparenza quieto, che però nasconde segreti talmente
opprimenti, da provocare la pazzia nella mente di chi è destinato a scoprirli. Ed inevitabilmente,
alla follia e alla tragedia conduce la scoperta delle bellissime e inquietanti
“montagne della follia” che danno origine al nome della storia, una catena
montuosa alta come nessun altra al mondo, dietro la quale si cela un mondo
proibito agli umani, un mondo fatto di immmensi costrutti alieni che rivelerà
loro ciò che siamo realmente, ossia dei piccoli esseri che si affannano a
sopravvivere in un mondo che ospita
altre forme di vita oltre la nostra, forme di vita che sembrano demoni
dell'inferno pronte a divorare tutta la fragile civiltà umana. Il tratto di
Culbert è essenziale e l'uso dei colori rimanda il lettore nella dimensione di
indeterminatezza e paura che pervade i membri della spedizione man mano che si
addentrano nella scoperta di un mondo estraneo fatto di architetture e simboli alieni, di città sconosciute sul
fondo dell'oceano e di enormi pinguini senza occhi che sembrano essere i
depositari di un
sapere inesplorato. Ed è proprio qui che sta la differenza fra
Lovercraft e tutti i successivi autori che ne hanno copiato le idee. In lui non
c'e' speranza, c'e' solo angoscia e disperazione, l'uomo non è destinato a
scoprire l'ignoto ma bensi a vivere ricordandosi di essere il più fragile degli
esseri viventi sulla terra, in balia di forze più grandi di lui di cui non può
avere in nessun modo ragione.
-Jonsnow-
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