Si, questo è un altro blog sui fumetti. E come suggerisce il nome, indica una malattia: la dipendenza dai fumetti.

Benvenuti nell'ennesimo posto del web, saturo di dissertazioni e soliloqui, commenti e suggerimenti sulla nona arte.
Perchè fondamentalmente, chi ama i fumetti, non ne hai mai abbastanza, e non solo di leggerli, ma nemmeno di pontificarci sopra.

I tag non bastano? Allora cerca qui


Fumettopenìa è dedicato a Fumettidicarta ed al suo papà Orlando, che dal 2009, non ha mai smesso di farmi credere che scrivessi bene! Anzi scusate, che scriverebbi bene. E se adesso migliorato, lo devo sicuramente ai suoi incessanti consigli.
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lunedì 29 ottobre 2018

il ritorno del tristone intellettuale!

Vi è mancato? Bramavate una nuova avventura del Tristone Intellettuale? 
Eccola nuova di stampa virtuale! 
spero vi diverta come le precedenti.


 

domenica 16 ottobre 2016

Maxi Tex Il ponte della Battaglia


Probabilmente questo post sembrerà scritto dal mio ultracorpo, fresco fresco di baccello.
Sto per spendere parole entusiaste per un Tex!
Ed invece guarda i casi della vita.
Ero in reparto proprio stanotte, e tra una signora confusa che si è quasi strappata la derivazione ventricolare esterna, ed il solito vecchietto che ha trafficato con il catetere vescicale, per stare sveglio ed arzillo durante la ronda notturna, mi sono letto il Maxi Tex in edicola adesso, sgraffignato ad un paziente.
Bello.
E sono giunto a varie conclusioni che vorrei condividere con voi:
Ogni tanto un Tex fa bene.
E' un campione di intrattenimento, ora capisco perchè piace tanto agli anziani, Tex è una garanzia, sai già quello che ci trovi dentro, eppure lo leggi uguale, perchè quello che piace di Tex è la sua essenza di giustiziere.
Non è come le sperimentazioni moderne, non è che lo compri e dentro c'è Texa Willer la ranger più veloce del West, c'è sempre lui, non ha bisogno di morire, di risorgere, di cambiare, sesso o colore.
E' ancora li, infilato nella rastrelliera in edicola che guarda spaccone e beffardo le varie mutazioni degli altri albi, smentendo alla grande la teoria evoluzionistica secondo la quale per sopravvivere devi cambiare.
E' l'eccezione che conferma la regola, il buon Tex.
Ehi! Arriva Tex, il torto sarà raddrizzato.
Per quanto , ricco, infame, malvagio, cattivo e veloce potrà mai essere il nemico di turno, il finale è scontato, eppure per 400 pagine di storia, salvo quando avevano bisogno di me in corsia, non ho mai staccato gli occhi di dosso dal tomone di 6,50€.
Tex è Superman, e quando leggi "Stai calmo pivello, quello è Tex Willer, un tizzone d'inferno che ne ha spediti anzitempo, di uomini a spalare carbone dal satanasso", anzi per quante volte lo leggi, e succede almeno una volta al mese, ti dà sempre un brivido di insano piacere, che fa traballare quelle intime convinzioni da lettore hipster della serie: "Ehi io solo revisionismo e decostruzionismo."
Deve esserci una alchimia nel personaggio, una magia che giustifica quella diretta proporzionalità che corre tra quanto possono essere scontate le storie di Tex, e le vendite ancora più che rispettabili, visto l'andazzo.
Stavolta Tex è alle prese con un ex maggiore sudista tanto ambizioso quanto spietato, che decide di appropriarsi delle terre di una comunità limitrofa di neri, per il suo tornaconto personale
Senza spoilerare troppo.
Nulla di ancestrale o di rivoluzionario eppure è una lettura che fila via che è un piacere.
I dialoghi sono nella norma texana, satanasso, vecchio reprobo, gran putifarre, eppure come dicevo in apertura ogni tanto un Tex fa più che bene alla lettura.
Perchè Tex non è nient'altro: una lettura. Ed è rimasta tale ed immutata nonostante i tentativi di farlo ostinatamente sembrare qualcos'altro dai vari addetti ai lavori.
Bonelli dovrebbe accontentarsi del suo primato, in pratica l'unico editore di fumetti italiano che conti una certa lungimiranza. Ed a volte come in questo caso, anche una certa qualità.
Il resto sono solo meteore.
A volte è quasi divertente vedere il viscerale contrasto tra la Bonelli sui social e la Bonelli nel sociale, la prima sbraccia e sgomita per piazzarsi sulle vette di chissà quale olimpo del fumetto italiano, la seconda che invece, è rimasta la stessa di 20 anni fa quando dominava le vendite con Dylan Dog, il brossuratino dalla carta ruvida che prendevi in edicola e lasciavi dal barbiere, o facevi girare a scuola, o che, come nel caso del mio notturno benefattore, ti porti dietro in ospedale, ed usi per staccare quell'oretta, pensare ad altro che non sia quel risultato sballato che ti ha menzionato il medico stamane al giro e che non riesci più a ricordare..
 I Texoni giganti cartonati ci sono sempre stati, c'erano in libreria che ero io piccolo, con il costone rosso fuoco, ed il font del titolo sempliciotto e senza fronzoli, che era? Impact?
Ora non ricordo chi li stampava, ma di certo non li ho mai sentiti dire la fesseria assurda, che erano prodotti che avrebbero incrementato del 30% le vendite delle fumetterie italiane (Foschini all' inaugurazione del catalogo Bao Bonelli - Fumettopenia non dimentica).
Nel pratico Bonelli e Tex sono rimaste gli stessi, immutati rispetto alle passate decadi, quindi perchè non apprezzarli per quelle che sono ed evitare di diventare facile bersaglio di chi invece sa che altrove il fumetto è molto più avanti?
Il Maxi Tex è una pubblicazione che offre a scrittori ed illustratori la possibilità di stilare una storia in 300 pagine, certo con tutte le regole ed i paletti che Tex si trascina dietro da secoli ormai, nessun riferimento politico, nessuna presa di posizione sulla religione.
Non c'è metafumetto in Tex, c'è solo un ranger che fa rispettare la legge, la giustizia, quando la legge mostra qualche falla.
E nel caso di questo Maxi Tex, il buon Ranger se la vede con il lato oscuro e marcio del progresso e degli affari e Ruju riesce persino ad emozionare e pone il lettore in un inaspettato stato di spettatore ansioso di sapere gli esiti di questa piccola guerra, c'è persino una caratterizzazione in quelle pagine, ed il buon Cossu che io non vedo dai tempi di quelle storie di dylan dog in cui l'indagatore se la vedeva ora con le ombre assassine, ora con un assurdo word processor che rendeva reali i refusi degli scrittori, meno male che non è il mio altrimenti chissà cosa sarebbe ora l'italia, visto la quantita stellare di errori di battitura e analisi logica che ogni tanto faccio.
Cossu, dicevo fa il suo dannato lavoro, a riprova che quando è messa alla berlina, la Bonelli, non è perchè è antica, ed usa ancora la griglia, ma perchè non c'entra assolutamente i bersagli, specie quelli di marketing, non è certo una splash page che rende un fumetto più appetibile, è la storia, quindi Ruju si, Ratigher no.
la temibile griglia bonelli
Uff...quante chiacchiere superflue devo lasciarvi, ma casomai non si fosse capito, il Maxi Tex, il Ponte della Battaglia, in edicola adesso, di Ruju e Cossu, merita assolutamente le vostre attenzioni, per una volta che il fumetto nostrano non si veste di imbarazzo, non è assurdo che le cose più carine in Italia sono quelle di cui si parla meno?
6,50€ sono almeno 3 albi della nuova ristampadi settimanale di Orfani, scommettiamo che non c'è paragone?
Baci ai pupi.

giovedì 3 dicembre 2015

Il Dylan Dog di Ratigher




Sottotitolo: La sospensione dell’incredulità

Vediamo se ho capito bene:
C’è questa tizia che si fa almeno 800km, metti otto ore di macchina senza fermarsi mai (utopico), per andare a Londra da Dylan Dog per chiedergli di indagare sulla scomparsa di una sua cara amica, abbastanza zoccola, che in paese per ammazzare la noia la dava a tutti, cani e porci.
Arriva a Londra, che è mattino, insomma c’è ancora la luce del giorno, entra in casa dell’indagatore, dopo aver interagito con il più brutto Groucho che io abbia mai letto (a proposito, ma non era sparito con il nuovo corso di Dylan Dog il poro Groucho?), spiega a Dylan le cause della sua visita e tenta di farselo, così a bruciapelo.
L’evento evolve in modo che inspiegabilmente, ah prima che me lo chiedete, i dialoghi sono pietosi, la caratterizzazione latita, dicevo inspiegabilmente Dylan torna con la tipa in Scozia, in un posto che non esiste, Port Frost.
Sono altri 800 Km, questa tipa quindi fa in una giorno 1600km più o meno.
No, non è una camionista di professione, è una maestra d’asilo, e a giudicare dalle fregole, è un poco zoccola come l’amica scomparsa, ma si sa che la vita di paese, è noiosa e monotona,  e per rallegrare le giornate uno si inventa quel che può, anche trombare a destra e a manca, lustri  e lustri di commedia sexy all’italiana con Alvaro Vitali e Renzo Montagnani insegnano.
Chissa Ratigher quante ne ha viste di commedie sexy all’italiana per scrivere una sceneggiatura così.
Dunque, il nostro eroe e la sua nuova cliente, con un semplice caso di sparizione, senza mostri senza, vampiri, senza fantasmi, senza più il caro vecchio quinto senso e mezzo a giustificare mille vecchie avventure, arrivano in Scozia in tempo, guarda un pò, per vedere i funerali dell’amica scomparsa, quella abbastanza zoccola. 
A proposito in Scozia, sedici ore dopo è ancora giorno.
Quindi, nell’arco di sedici ore, a tenersi stretti badate bene, in un paesello che non esiste, viene ritrovato il cadavere di una donna scomparsa, viene fatta l’autopsia dal coroner, viene restituita la salma ai familiari, e viene organizzato il funerale.
Ma il curatore dov'è?! Non c'è è su facebook, impegnato a celebrarsi sulla sua bacheca per i mille impegni nel mondofumetto di provincia italiano.
Torniamo a noi, e che funerale!
Donne imbruttite che si fanno i selfie, nei pressi della bara, berciando maleparole nei confronti della defunta, d’altronde le donne sono così, più sei bella, più sei mignotta.
Tifosi che intonano cori da stadio, bambini morbosi, curiosi di assistere ad una sepoltura.
Stereotipi scadenti come se piovesse.
Vien da chiedersi Ratigher che gente conosce, e a che funerali è andato.
Parlando di stereotipi, c’è anche un marinaio vestito come il Capitano dei bastoncini, che versa sulla bara un bicchiere di… di cosa? Acqua di mare? Acqua potabile? Vino? Piscio di capra? Whisky?
Mica ci è dato saperlo.
L’intera sceneggiatura sembra scritta a cappella, direbbe er Piotta.
E poi lì, in mezzo a tutti quegli stereotipi, le megere invidiose che si fanno i selfie, i tifosi ubriachi, i bimbi morbosi, la povera Fiona (la maestra d'asilo), un personaggio in cerca d’autore, ha una crisi isterica stereotipata.
Grida vendetta, la Fiona, butta le braccia al collo di Dylan e piange , non resta che portare la tipa a casa, e cambiare la location.
Vi risparmio i dettagli, vi voglio bene, ma posso dirvi che ad un certo punto lacrimavo sangue come una madonna addolorata.
Vi basti sapere solo che in quelle particolari pagine mi imbatto in una vignetta che ovviamente buca la griglia classica dei Bonelli,  -fateci caso è un tema ridondante quello dello stravolgimento della griglia classica bonellide da quando c’è Recchioni in giro.
Rivoluzione irriverente. Povero Sergio.
Comunque  vi stavo parlando di questa particolare vignetta, appena l’ho vista ho avuto un brivido lungo la schiena: i due personaggi di profilo uno di fronte all’altro, alle loro spalle lo spazio diviso in due precisi rettangoli, il bianco per Dylan Dog, che parla bonariamente di cose senza senso, sdrammatizza, manco alla tipa gli fosse morto il gatto, il nero per la povera Fiona, con il lume della ragione andato, perso nell’angoscia e nella rabbia per la recente perdita. Il bianco ed il nero, due registri comunicativi così diversi ed incompatibili, in quel frangente.
 Deja-vu, Asterios Polyp, Mazzuchelli. Prego iddio di sbagliarmi.



Sarebbe troppo imbarazzante.
Sarebbe come la scimmia che imita l’uomo, il risultato è comunque sempre grottesco.
Si fa notte finalmente, anche in questo piccolo paese della Scozia che in realtà non esiste, Port Frost è solo  l’ennesima forzatura in una trama forzata come i lavori, Port Frost esiste per poter citare i Led Zeppelin, il fumetto ipertestuale che piace tanto al Rrobbe.
Si fa notte, si dorme, senza sesso però, si tromberà più in là, in una tavola con griglia a nove vignette senza parole, come se ci si potesse permettere il lusso di ammutolire sequenze di immagini senza senso, e l’indomani Dylan finalmente ha un unico pensiero coerente, fa l'unica azione umanamente accettabile, sente di non essere di alcun aiuto lì, ma è solo una brevissima parentesi, poi Ratigher riprende a ruota libera, lui vuole rientrare a Londra, lei non vuole riportarcelo e come si fa?
Il treno direte voi. Bah come siete ordinari.
Invece no, qui siamo in pieno fumetto autoriale, sul treno ce lo avrebbe messo Sclavi, Manfredi, chiunque di queste vecchie mummie che hanno ucciso il fumetto italiano.
Qui siamo in piena rivoluzione bonelliana.
Ratigher invece porta Dylan al bar del paese a “cercare un passaggio per Londra”.
Siamo ad ottocento km da Londra, in un buco di culo di paese…è come se io adesso andassi al bar del buco di culo di paese in cui abito nella provincia di Pavia e chiedessi ai clienti se qualcuno è diretto a Roma.
E’più o meno qui, a questo punto della non-storia che realizzo che sto leggendo una delle cose più ridicole da quando mia madre mi ha messo in mano il  primo Topolino, per farmi stare zitto e bono.
Avrebbe avuto più senso se tirava fuori questo famoso smartphone e si collegava a blablacar.
Quanto disagio, quando pressappochismo, quanta inesperienza, quanta ignoranza del mezzo, e secondo il Rrobbe sarebbe un autore emergente dell ascena autoriale italiana? Ma il rrobbe l'ha letta sta cosa prima di apporci il timbro "approved"? O per il nuovo lettore bonelli, quello perennemente connesso on line, doveva bastare il nome in copertina?
Ma come ha fatto a firmare la storia di un personaggio che 20 anni fa rappresentava il fumetto in Italia? Ma come abbiam fatto a ridurci così?
Ma avete fatto a ridurvi così? Mi correggo.
Peggiora comunque, so che sembra impossibile ma peggiora, manca ancora molto prima di arrivare a 98 pagine, purtroppo.
Impossibilitato a rientrare, Dylan comincia ad indagare, su cosa? Non si sa.
Si ritrova in un altro bar, dove il barista ubriaco già di prima mattina che fa?
Bravi Singhiozza. Stavolta è con il marinaio di pocanzi, il capitano Findus, che ovviamente in quanto depositario della conoscenza è considerato il matto del paese.
Aprite gli ombrelli piovono stereotipi.
“Devi andartene da qui ragazzo o morirai qui!”
Fermatevi e fate mente locale e contate in silenzio quante volte avete sentito questa frase nella vostra vita di lettori.
Il vecchio parla della leggenda della strada costruita dai giganti, delle pietre esagonali, quelle presenti anche sulla cover del disco dei Led Zeppelin, col senno di poi sembra che l’intera baracconata sia costruita per far capire ai lettori che Ratigher è uno di noi, di voi a dire il vero, che  ascolta i Led Zeppelin, il resto della leggenda è frutto della mente dell'autore, non c’è alcun maleficio sulle rocce esagonali, al contrario, quelle irlandesi, quelle della cover del disco, sono state dichiarate patrimonio Unescu, pensa te, pure una querela dall'ente del turismo irlandese rischiamo, meno male che Dylan dog lo leggiamo per lo più solo in provincia d' Italia, il maleficio è come Port Frost, non esiste, è una forzatura, una non svolta in una non storia.
Solo una cosa è certa, le acque del mare che bagna questa sfortunata costa della Scozia si stanno ritirando, e stanno esponendo  alla vista dei protagonisti di questo dramma, quel misterioso pavimento di rocce esagonali, e più metri quadri di pavimento maledetto si palesano, più la gente impazzisce e diviene cattiva.
Ecco perché è morta l’altra zoccola, quella scomparsa, Molly si chiamava, morta perché l’aveva data troppo in giro, a tutti tranne che al papà.

Piovono stereotipi e luoghi comuni, riparatevi che l'ombrello non basta più.

E finalmente Ratigher comincia la discesa verso il finale, verso un'altra vignetta che buca la griglia bonelli, verso un'altra stronzata, in un albo che ne è saturo.
E' l’apocalisse, il mare sparisce del tutto e rivela il suo letto, qui e li stelle marine e granchi, il tipo forse ha letto Dagon, forse possiamo sperare che non è tutto il tempo connesso sui social ad ammaestrare i fan ad apprezzare la sua scrittura.
Ma un HP, non fa primavera, al porto o in cima ad una scogliera, non ricordo più, il vecchio pazzo quasi piange, ha le mani sugli occhi, ed è incapace di sostenere la vista di questa visione aliena, la costa prosciugata dal mare, è come un vecchio amico reso irriconoscibile da un incidente, da una serie di ferite, e cosa si disegna in questo riquadro per enfatizzare la didascalia?
Dylan Dog sfigurato. Ma è ovvio, d’altronde il marinaio lo conosce da meno di 12 ore, chi meglio di Dylan Dog può esprimere il concetto?
Rivoluzione irriverente, sinergia sperimentale tra chi scrive e chi disegna…o forse no, semplici dilettanti allo sbaraglio in una casa editrice in cui regna un' anarchia assoluta.




A me piace pensare che quel Dylan Dog dilaniato, è li per me, per me che non leggevo una sua storia da più di 18 anni, un vecchio amico che ho seguito per più di 100 numeri ma che poi ho lasciato perdere, quella didascalia, mi piace pensare sia rivolta a me e a tutti quei lettori che hanno maturato la loro passione per la lettura anche con Bonelli, che ora è irriconoscibile, dilaniata da una pletora di pippe vere  rese dive dalla rete, che si credono autori di fumetti.
Vi dico il finale?
Ma  il finale non c’è.
3,50€ o giù di lì, ma non ti è dato sapere perché l’acqua sparisce, ne perché ricompare inghiottendo l’ultima zoccola superstite, il vecchio albo di Dylan Dog sarebbe finito con l’indagatore seduto alla sua scrivania antica, a casa sua, annotando sul suo diario l’inspiegabile vicenda, il vecchio Dylan Dog, avrebbe tentato di esorcizzare la sua esperienza, cercando spiegazioni plausibili degli eventi, qui, nulla di tutto ciò, l’acqua così come va via senza motivo, torna senza motivo, e sommerge Port Lost.
Perché? Il perché non conta, conta solo che avete tra le mani il Dylan Dog del famoso Ratigher, mica in bonelli stanno a pettinà le bambole.
Stringete tra le mani la prova che ci siete anche voi, lettori, autori, tutti connessi, tutti convinti di essere parte di un imperdibile momento della vita dell’editoria italiana.
Quell’irriverente giovane energia che alla fine prevarrà sul vecchio. Magari il prossimo che chiamano a scrivere è Sio.
Ma a mio modestissimo parere siete testimoni degli ultmi rantoli, e ai tempi di Sergio robe del genere avrebbero visto la via della pubblicazione, forse nelle pagine dei cloni di Dylan Dog, orrori veri tipo Dick Drago o Gordon Link. A Recchioni, se accetta consigli da semplici lettori, poco inclini all'incanto che può dare rapportarsi sui social con il loro autori preferiti, posso solo dire, leggi di più cosa fai pubblicare, perchè se questa è la rivoluzione e questi sono i Robespierre....povera Italia.
Baci ai pupi.

giovedì 20 agosto 2015

Il tristone intellettuale #02

Eppure ce n'è di roba di cui vorrei parlarvi, il Dracula di J.J.Muth, il Supreme di Alan Moore le Sentinelle di Dorison, o il  nuovo numero di Fabian Gray di Barbiere, ma nulla rielaborare tavole dei vecchi nembo kid della Mondadori, per creare nuove avventure del Tristone Intellettuale mi diverte troppo, primetto di tornare quello di prima nei prossimi giorni, nel frattempo godetevi Il Tristone intellettuale contro il Nuovo Curatore!

http://issuu.com/gennarospo/docs/pubblicazione3

Baci ai pupi!




martedì 11 agosto 2015

Il tristone intellettuale


Da qualche giorno sul gruppo facebook del blog si scherza sulle preferenze nel mondo del fumetto, come queste vengono poi interpretate a tradotte dagli altri, le etichette sono decine: Hater, Lover, MarvelMinchia, Talebano, Conservatore, Recchioniano, Bonelliano, Bimbominchia, insommac hi più ne ha più ne metta, al sottoscritto è toccato l'apellativo di Tristone Intelletuale, per via della mia ormai malcelata "simpatia" verso Alan Moore, e della mia monotonia nel parlarne ossessivamente, ma nonposso farci molto che scriva un nuovo fumetto o si lasci andare ad esternazioni compromettenti nelle interviste, io lo amo.
Chi segue Twitter, la pagina facebook, o il gruppo che ho aperto da quando Faccialibro ha chiuso il profilo di fumettopenia, sa già chi è Il Tristone Intellettuale, chi ancora non lo conosce può farsi un idea con questo Tweet: https://twitter.com/Fumettopenia/status/630316645328809984
Sul profilo Issuu è arrivato il numero 0 della nuova abusivissima testata di Fumettopenia, dubito seguirà un numero uno tanto in fretta.....ho male agli occhi per il lavorone svolto.
Ecco il Link per dargli un occhiata e si spera farvi due risate!
 http://issuu.com/gennarospo/docs/pubblicazione2

Baci ai pupi!

venerdì 10 luglio 2015

Daryl dark ed altri disastri

Su Lifebook, negli ultimi giorni si parla solo di questo Daryl Dark, certo dubito se ne parli come speravano se ne parlasse gli autori, Viola e Michelini, nomi che a me non dicono assolutamente nulla, ma io del resto non seguo ne il fumetto amatoriale, ne il fumetto italiano moderno, anzi per quel poco che ho potuto vedere, direi che qui da noi, il fumetto sta diventando esclusivamente amatoriale, una corrida di dilettanti allo sbaraglio, che lottano tra loro a suon di sceneggiature oltre la mediocrità e disegni che nemmeno i silurati delle sedicenti scuole del fumetto.
Come questo ennesimo indagatore del paranormale, e qui sarebbe il caso aprire una parentesi
- Ma in Italia, quanti indagatori dobbiamo avere? Gordon Link, Dick Drago, Elton Cop, e chissà chi sto dimenticando, ma è possibile che l'idea di fare un fumetto in Italia nasca sempre da Dylan Dog? -
Dicevo l'ennesimo clone di Dyddo, tra parentesi characters che è morto qualitativamente ormai almeno qualche lustro fa, è messo alla gogna un pò in tutte le pagine e gruppi del famoso social su  cui ho avuto la sfortuna di posare gli occhi.
Ed a ragione, perchè Daryl Dark Il buono il morto e il cattivo EP00ST01 (che scritto così sembra un torrent-file più che altro) è davvero brutto.
La storiella di 16 pagine è abbastanza insignificante, ma d'altronde non credo che quelli della Cagliostro abbiano puntato più di tanto sulla storia, credo che il motivo per cui sia così cliccata, sia dovuto al fatto che il cattivo di questa storia breve ricorda in maniera inquietante Roberto Recchioni.
Ovviamente orfano di contenuti questo numero zero, si affida alla forma per far parlare di sè, e la forma di questo coso, sembra un dipinto iperrealista della condizione del fumetto e l'editoria italiana oggi.
Sembra la diagnosi infausta di un oncologo al suo paziente.
"Sono Robert R. Relich. Il popolo del web mi definisce il nuovo H. P. Lovercraft"
"Vede Mr Dark, se volevo una recensione positiva l'avrei comprata per molto meno da qualche youtuber del momento"

Un lettering di questo genere mi fa accapponare la pelle.
In un unica vignetta si raffigura perfettamente il livello di mediocrità a cui è sceso il fumetto italiano, un media che dalla rete ha saputo attingere solo lo squallore, che dalla rete si è fatto violare ed influenzare: un fumetto che cita gli youtuber, o che identifica in Recchioni, un character da riportare su carta, è scritto da gente che di fumetto non capisce nulla, è scritto da gente cieca, incapace di vedere oltre la devastata realtà che è l'editoria italiana, è scritto da pesci piccoli, nati e cresciuti in una pozza d'acqua, poco inclini al rapportarsi ad un altro modo di concepire questo favoloso media, che ahimè esiste oltre i confini della propria limitata esperienza, un autore che prende la strada inflazionata (in Italia) dell'ennesimo detective dell'occulto, ha già perso in partenza, e non crescerà mai, è nato vecchio come Benjamin Button.

"Non mi aspetto che tu capisca...io sono un predestinato, ma il mio penultimo libro John Dioscur, fun un completo disastro commericale, nonostante se ne fosse parlato ovunque ....tv...radio..web tabloid."

Gli allegri signori di Fumetto D'Autore, il sito legato all'associazione culturale ribadiscono per l'ennesima volta le loro teorie sul flop di Orfani. Ma basta. Ma che noia.
Sulla questione Recchioni nemmeno vale la pena soffermarsi; gli screzi tra i signori dell'associazione culturale Cagliostro, (tra l'altro presumo sia una condizione fiscale, più vantaggiosa di quella dell' editore), e quello che effettivamente il web italiano ha  inspiegabilmente eletto miglior autore in circolazione, sono cosa vecchia, ed hanno stufato altrettanto.
La metafora del piccolo laghetto torna prepotente, una guerra per decretare il re dello stagno, una guerra fredda (e insipida tra l'altro) combattuta sui social, tra gente che magari, e lo dico con una vena di ottimismo fuori luogo, un tempo di fumetto ci capiva pure qualcosa, ma ora queste conoscenze si sono perse come lacrime nella pioggia, visto che ormai sembra che qui si campi di citazioni dozzinali.
Veramente brutto Daryl Dark, veramente brutto come è disegnato, (a che prò quell'assistente con le fattezze di Oliver Hardy? Ma perchè?), e vogliamo parlare dell'onomatopea del suono del campanello nell'ultima vignetta?
Ma no, facciamo finta di non averla registrata. Facciamo finta sia sfuggita alle maglie della memoria.
Veramente fuori luogo l'editoriale, Daryl Dark non attinge un bel niente ne da Arthur Conan Doyle, nè da H. P. Lovecraft e tantomendo da Hodgson, non è che se in copertina metti una sorta di Cthhulhu trovato googlando il bestiario del genio inglese, stai citando Lovecraft, non è se che ti inventi il discendente di Sherlock Holmes e gli dai domicilio in Baker Street, allora stai "citando" l'opera di Arthur Conan Doyle, perchè  un occhio attento, quel tipo di occhi che  ahimè latita da troppo tempo, sulle fronti dei lettori italiani, alla lettura di queste 16 pagine, deduce che tu, caro autore, di Sir Doyle, non hai mai aperto un libro.
Ma la cosa più brutta di Daryl Dark è cosa vuole comunicare, vuole comunicare agli aspiranti autori, fondamentalmente di annullarsi, in Italia oggi se vuoi essere letto devi proporre materiale che abbia lo spessore narrativo di un meme, alla peggio, se vuoi vendere, devi uniformarti al mediocre standard qualitativo imposto da quel famoso Robert R  Relich che nel web italiano ha una onnipresenza che manco l'agente Smith di Matrix.
Daryl Dark dice al fumettista italiano del domani, che non deve inventarsi nulla, quello che vende qui non è la qualità, non occorre spremersi le meningi, i binari sono già montati, le vie già segnate, l'initimismo adolescenziale di borgata di Calcare, il fumetto piatto e scontato di Recchioni, la cui ultima fatica, Battaglia, un' idea riciclata e vecchia di almeno 20 anni, finora mi ricorda la scaletta delle puntate dei documentari sui misteri d'Italia di Lucarelli, a 'sto giro c'è Ustica, ed il mese prossimo?
La banda della Magliana?
La strage alla stazione di Bologna?
O peggio l'insulsa demenzialità di Sio e del suo Scottecs, che forse più di tutti, con la complicità del lettore lobotomizzato, ha dato il colpo di grazia al fumetto italiano.
Insomma cari fumettopeniaci diciamocela nuda e cruda, non può che peggiorare, con questo mondofumetto nostrano pacchiano e paesanotto, infestato da primedonne convinte delle proprie qualità e personaggi livorosi, che hanno smesso di darsele tra i banchi di Lucca e si sono spostati sul media stesso, riducendo il lettore alla stregua della casalinga pettegola, che sfoglia Novella2000.
Finchè esisterà questa infinita pletora di Blogger, 'tuber e Cosplayer e chi più ne ha più ne metta, che nascono come funghi, che twittano selfie in giro con copertine di fumetti che leggeranno solo per dire l'ho letto, allo scrittore, questa ruffianeria spinta al punto darebbero via la nonna per questa effimera visibilità di cui dopo tanto tempo non ho ancora capito i vantaggi.
 Ma sopratutto, e quasi mi spiace dirlo ma finchè avremo questi lettori, il fumetto italiano non può che peggiorare.
Qui il fumetto è stato snaturato della sua funzione primaria: la lettura.
E se ci pensate è da mettersi un cappio al collo, negli anni '80 in America ci fu la British Invasion, qui da noi, in questi anni, gli anni 2000, che erano immaginati dagli scrittori tardo-vittoriani, come un futuro saturo di meraviglie, sono caratterizzate da una invasione molto più indigesta, una pacchiana invasione di barbari ignoranti che dubito andranno via tanto presto.
Non finchè esisteranno situazioni di imbarazzante ruffianeria priva del benchè minimo gusto come queste: http://www.slowcomix.blogspot.it/2015/07/evilsio.html
Che ovviamente  lo stesso Recchioni approva. 
Insomma confidiamo tutti nell' ISIS.
Baci ai pupi.

Uh quasi dimenticavo, in sintesi questo Daryl Dark Il buono il morto e il cattivo EP00ST01 che ribadisco non è un file torrent, è da leggere?
No, a meno che non siate tra quelli che dal fumetto chiedono tutto tranne che intrattenimento ed emozione. Avrà un seguito?
Boh, sinceramente non credo, ma l'Italia è una sorta di zona negativa dove tutto è lecito e tutto è possibile.
E' giusto l'ennesima istantanea he ribadisce il concetto che se mai siamo stati un paese di fumettari di qualità, è successo ormai troppi anni fa.
Ribaci ai pupi.

domenica 5 gennaio 2014

Il Meglio ed il peggio del 2013



E’ arrivato il momento, anche per Fumettopenia di stilare la classifica Best/Worst 2013, solo che noi furbacchioni abbiamo deciso di farla dopo, nei primi giorni del 2014, così da darvi il tempo di digerire insieme al cotechino ed alle lenticchie quell’infinita lista di fumetti usciti nel 2013 che i colleghi blogger vi hanno propinato negli ultimi giorni, di questo disastroso anno di nostro signore appena passato. Quindi senza indugi e cominciamo con il peggio:

6. La peggior testata ha l’etichetta Panini, e vince il premio di paraculata d’oro – I grandi Eventi Marvel,  che finora ha riproposto miniserie comparse sulle antologiche della Gazzetta a prezzi maggiori. Oltre all’ingiustificato aumento di prezzo per un edizione paradossalmente di qualità minore, (la stampa puzza) è da "s-premiare" anche il cattivo gusto nella scelta di questi presunti Grandi Eventi, cito:
Secret War di Bendis e Dell’Otto (raccapricciante, -15,00€ apparsa  a prezzo più basso (ammesso che vi vada di leggere ‘sta roba) Su Grandi Le Saghe Supereroi #05.
House of M di Bendis e Coi pel (passabile, ma comunque reperibile su Grandi Le Saghe Supereroi #53)
Planet Hulk di Pak e Pagulayan (il gladiatore dipinto di verde e traslocato su un pianeta alieno, evitabilissimo, ben 22,00€, quando lo potete leggere a 10€ o meno su Supereroi Le Leggende Marvel  #18)
Di prossima uscita addirittura l’inutilissima World War Hulk di Pak e Romita,  altre 15 bombe da investire in altre letture d’evasioni più valide, ma se proprio amate farvi del male, almeno ripiegate su Supereroi Le Grandi Saghe #9 10,00€ a scendere.

5. Mi rendo quasi subito antipatico alla maggior parte degli avventori del blog, tra i worst, ossia tra i peggiori comics letti nel 2013 rientra il fenomeno italiano ZeroCalcare, il suo Dodici, tutto sommato è abbastanza noioso, nonostante rifugga in un plot che va per la maggiore ultimamente, l’inflazionata apocalisse con morti viventi.
Stancante ed ambizioso, a niente servono, in termini di appetibilità, le riflessioni sul quartiere che gli ha dato i natali, Rebibbia, massime che l’autore snocciola mentre giace in coma. Brutto davvero. Ed io non faccio che chiedermi come fa a piacervi.
4. Age of Ultron, il primo megaevento post Marvel Now -la rivoluzione Marvel che prometteva maggiore cura delle singole testate e meno eventi corali e si smentisce praticamente subito - un questo ennesimo Flop in termini di contenuti, scritto ancora una volta dal trapassato Brian M. Bendis.
Age of Ultron ( con il quale sono stato trppo magnanimo dopo la lettura dei primi numeri in edizione originale un pò di tempo fa) non porta nulla di nuovo alla letteratura catastrofista da rivolta delle macchine, se non un lungo inquietante inutile noioso de-javu, una sensazione di già letto, di un autore che francamente da tempo ormai, non ha più nulla da dire.
3. I Fantastici Quattro di Fraction - pur se in passato promuovemmo il nuovo formato da edicola della Panini Comics, il contenuto del suddetto, non si è mai purtroppo elevato sopra la mediocrità, la fantastica famiglia di Fraction si è rivelata un mezzo disastro, lenta come un film di Truffaut e poco godibile anche sul versante grafico, per via delle matite di Bagley. In America chiuderà a breve. Ed io mi faccio due risate alle
spalle dei Marvel-zombie che la giudicavano un capolavoro, ancora prima di leggerla.
2. Presi su un banco dell’usato a Roma per puro caso, ad un prezzo stracciato, un’euro a volumetto, Alice nel paese delle meraviglie, che ha aperto, come testa di ponte, l’invasione dei titoli Zenescope in Italia, a febbraio o giù di lì, si è rivelata
una delusione assoluta.
Inferiore persino all’anonimo ma più appetibile Zombie The Waking.
Escludendo le curve procaci della protagonista, disegnata quasi sempre in posizioni ambigue con innovative prospettive clitoridee o capezzolari, (NB non è un fumetto Squalo, ma è uscito sotto l’  etichetta della momentaneamente estinta 7age), non resta nulla di questa ignobile ed anche poco originale rivisitazione della saga di Lewis Carrol.
  1. Superior Spiderman è in assoluto la cosa più orripilante di tutto il 2013, su un ipotetico podio delle cose più brutte lette nel 2013, il ragno di Slott merita il primo posto, una regressione del personaggio a prodotto per adolescenti, lontano anni luce da lavori come Il Bambino Dentro o L’Ultima caccia di Kraven, una parentesi (destinata tra l’altro a chiudersi adesso, con l’arrivo nelle sale del nuovo film sul tessiragnatele) veramente triste in termini qualitativi, di un personaggio che paragonato a passate interpretazioni risulta tremendamente demolito.
Una sintesi della disfatta del ragno del 2013?
Presto detto: Otto Parker con gli occhialoni, il camice, ed i guanti in lattice, l’outfit stereotipo dello scienziato pazzo, mentre dissemina New York di Ragnobot sentinella, e le controlla con la app dedicata sul tablet, e ahimè incapace di portarsi a letto Mary Jane, disegnata come fosse la protagonista di una serie tv per adolescenti, si ammazza di pippe con i ricordi di Peter delle copule passate.
0. Before Watchmen – Non paghi del flop dell’anno prima la RWLion ha continuato a prendere per i fondelli i suoi lettori, invadendo le edicole con le rese di una delle più brutte iniziative che mi sia mai capitato di leggere e comprare. Rese che a sentir loro, nemmeno dovevano nemmeno esistere, visto l’elitarietà della prima edizione. Di tutto il pacchetto, si salvano solo i Minutemen di D.Cooke, ed il Dott. Manhattan di Straczynsky e Huge, il resto è brutto forte. E ne abbiamo parlato sul blog a più riprese. L’ennesima ristampa ladrona prevista per il 2014, di questa anonima iniziativa, ha già fatto guadagnare ai leoncini un posto in classifica anche per l’anno prossimo.

Chiusa la Top Five, anzi six, del peggio, cominciamo subito quella delle cose più belle lette nel 2013, che vi vedo in po’ provati dalle abbuffate natalizie.
Top five delle cose più belle, che in quanto belle, non hanno bisogno di classificazioni, insomma sono tutte al primo posto pari merito.
Eccole:
1. Medaglia d’oro per l’Editore Cosmo che ha riportato l’avventura low-cost in edicola. Tra le cose più belle lette nel 2013 quindi rientrano (escludendo lo scontato e presumo pluripremiato sugli altri blog, Bouncer): Lo Sparivero che è tornato in edicola sotto etichetta Cosmo nel Settembre 2013 con lo stupendo epilogo della saga iniziata dalla GP, e Black Crow, l’altro corsaro  l’altro corsaro franco-belga, pubblicato sulla “Serie Rossa”ed ha dimostrato un’ appetibilità non comune. Da leggere assolutamente, se non lo avete ancora fatto.
2. Lanterna Verde – Anche nel 2013 Geoff non ha mai annoiato, non ha mai avuto cadute di stile nè di qualità. Lanterna verde si riconferma la miglior serie regolare, anche quest’anno, 12 numeri carichi di emozioni e belle trame stupendamente illustrate dal signor Doug Mahnke: abbiamo cominciato l’anno con l’accattivante rivelazione dei segreti della tribù Indaco, a seguire La rinascita di Mano Nera, fino al prologo della saga del terzo esercito, vero e proprio apice della follia dei Guardiani della Galassia, che inanellando un errore dietro l’altro, hanno portato alla rinascita della Prima Lanterna, dulcis in fundo in tutt questo ben di Dio, l’arrivo della nuova Lanterna Verde Simon Baz, (l’ennesima terrestre!) con le sue appetibilissime Secret Origin,  so politically correct (!), tanto ben concepite da fugare ogni dubbio su questo nuovo cavaliere di smeraldo armato di pistola. Ovviamente se parlo di Lanterna verde, visto che ci riferiamo a materiale italico, mi riferisco a tutto l’albo RWLion, a parte la zoppicante New Guardians, che comunque in un certo senso ha un suo perché, le altre due personalità che hanno confermato questo mensile come la migliore uscita periodica (anche) del 2013, sono stati Tomasi e Pasarin su GLC.
Con una serie di colpi di scena allucinanti, e storie dal ritmo serrato, vedere la guerra contro le Lanterne Alpha, il processo a Stewart, la retcon di Guy Gardner per esempio, Tomasi ha dimostrato di saper lavorare in sinergia con il collega Johns e di saper contribuire alla creazione di un arazzo omogeneo e (cosa rara in casa DC, specie quella del reboot in corso), ed una epopea unica che ormai ci ha rapiti tutti.
3. Cominciamo a parlare di recuperi e ristampe doc. Il secondo Omnibus del Thor di Simonson e quello dei Fantastici Quattro di Byrne, due grandi recuperi di materiale del passato di altissima qualità. Per entrambi, però attenzione, ci siamo pronunciati sul blog, consigliandovi anche come leggere queste appetibili run  risparmiando qualche soldino.


4. E continuando a parlare di recuperi tra le Marvel Collection sempre di casa Panini, come omettere la ristampa delle prime storie (con tanto di cofanetto) del Dottor Strange di Lee/ Dikto?

5. Tra i Marvel Best Seller, impossibile non complimentarsi con i Paninari per la ristampa della Nextwave di Ellis e Immonen.


6. Mi sono coperto di ridicolo a parlare male di Saga, per via della mia incontrollabile antipatia verso l’editore italiano e le sue edizioni bonsai, proprio perché ammetto i miei sbagli, toh vi linko anche la recensione (anzi non mi vergogno di me stesso, non ve la linko) in cui mi arrampico sugli specchi per convincermi/vi che è un brutto fumetto, ma in realtà Saga di Vaughan e Staples, è forse l’unica cosa veramente innovativa ed accattivante nel panorama fumettistico statunitense del 2013…coff…brava…coff…cough..cogg…Bao.

7. Il Black Dossier di Alan Moore -  Non l’ ho ancora finito ancora di leggere (sono a metà) ma  mi ha già conquistato, è quasi scontato che la migliore lettura del 2013 sia il nuovo appassionante capitolo della Lega degli Straordinari Gentlemen, il fumetto del Bardo, ed il Black Dossier presentato alla scorsa fiera di Lucca, è l’ennesima riprova che ci troviamo di fronte ad un autore differente da tutti gli altri subnormali.

8.  Da un Inglese ad un altro, altra primizia che ha finalmente visto luce in questo anno è il finale allucinantemente bello della Doom Patrol di Grant Morrison



9.  Walking Dead il bonellide Salda Press – Un anno cominciato quasi in sordina, con una sceneggiatura che pericolosamente stava scivolando nella monotonia, poi via ai colpi di scena, un susseguirsi di situazioni al cardiopalma.
In un anno di emozioni, i lettori dell’opera di Kirkman hanno imparato una cosa importante, come per Martin, lo scrittore di Trono di Spade, la regola è la stessa. non affezionatevi a nessuno.


10. Al decimo posto - Potremmo metterci, Elric della Mondatori, l’epilogo della Uncanny X-Force di Remender, ‘sto chiacchieratissimo DareDevil di Waid, che io non leggo ma i miei amici non fanno altro che caldeggiarmi, personalmente potrei infilarvi l’incantevole riproposta RwLion del Flex Metallo di Morrison e Quitley, ma se invece per il decimo posto vacante del best of 2013  ci pensaste voi scrivendo nei commentila vostra preferenza? Qui sul blog su FB è uguale!
Baci ai pupi.





lunedì 6 maggio 2013

Storie, Storione, Storielle e Storiacce

Ne avevamo già parlato, dell'iniziativa Bonelli "Le Storie", ma Dario vuole ritornare sull'argomento con una sintesi su quello che finora  è uscito, lascio subito lo spazio:
 
Era il Novembre dell'anno scorso quando la Bonelli portava nelle edicole quello che si annunciava sulla carta un piccolo evento editoriale. Arrivava alla pubblicazione la collana Le Storie, seconda serie regolare al debutto nel giro di pochi mesi (insieme a Saguaro) dopo un periodo in cui a farla da padrone nel campo delle novità erano state miniserie e romanzi a fumetti. Già questa poteva essere una notizia degna di nota ma la cosa interessante era sicuramente la mancanza di un titolare di testata, l'assenza del personaggio fisso al quale i lettori potevano o meno affezionarsi. La formula era ed è ovviamente ancora adesso quella delle storie autoconclusive affidate di volta in volta ad autori diversi. Va da sè che le potenzialità di un simile progetto sono infinite: nuovi personaggi, nuovi scenari, nuove epoche storiche, nuovi generi e nuovi stili di scrittura a disposizione dei lettori una volta al mese. Si sono da subito sprecati i paragoni con la vecchia avventura editoriale lanciata dalla Bonelli nella seconda metà degli anni '70 dal titolo Un uomo un'avventura che presentava però un formato simile a quello del fumetto franco-belga e non il classico albo al quale Bonelli ci ha abituati. Diciamo subito che i nomi coinvolti all'epoca sono tutt'ora considerati dei Maestri del fumetto, parliamo di personalità del calibro di Toppi, Manara, Pratt, Battaglia, Bonvi, Galeppini, Crepax, Castelli, Micheluzzi, Milazzo, etc., etc...


Il paragone diventa oltremodo scomodo per gli autori coinvolti nel progetto attuale, nonostante questi siano tra i nomi più quotati di casa Bonelli e non solo. Diciamo che l'idea alla base del nuovo progetto ha qualcosa in comune con quell'altro, ma dedichiamoci ora solo al presente.

L'onere e l'onore di aprire questa nuova avventura editoriale grava sulle spalle di Paola Barbato e Giampiero Casertano, autori dell'episodio Il boia di Parigi (all'epoca furono Decio Canzio e Sergio Toppi ad aprire le danze con L'uomo del Nilo). Monsieur Sanson è il boia di Parigi ai tempi della rivoluzione francese, maestro delle esecuzioni pubbliche, custode della ghigliottina. Contrariamente a quel che si può pensare, Sanson è un uomo gentile, rispettoso dei morituri, del momento del trapasso, dell'atto di dar la morte e della morte stessa. Boia e confidente, uccisore e consolatore. La piacevole sorpresa è stata quella di trovare un albo dove non sono l'azione e l'intreccio a farla da padrone bensì la costruzione di un protagonista atipico e interessante, ben delineato nei comportamenti e nei pensieri dal lavoro della Barbato, un personaggio fulcro della storia ma in maniera piacevolmente inusuale. Pur non avendo amato particolarmente i disegni di Casertano, soprattutto per quel che concerne la figura umana, ho trovato molto valide la resa delle atmosfere e degli ambienti. In definitiva un esordio ben realizzato, interessante e promettente.

Da buon secondo arriva il lavoro di Roberto Recchioni e Andrea Accardi che ci trasportano nel Giappone feudale dove il samurai Tetsuo si troverà responsabile dell'onore del proprio maestro, caduto in disgrazia di fronte al proprio Daimyo (signore feudale). Qui Recchioni può dar sfogo alla sua passione legata ai temi della via della spada già visti o intravisti nelle storie di John Doe; ne esce un episodio sicuramente riuscito e divertente grazie al quale tornano alla mente alcune influenze che ci ha lasciato in eredità il cinema orientale, personalmente la prima cosa alla quale ho pensato è lo Zatoichi di Kitano ma dentro c'è sicuramente molto, molto altro. Ottime le matite di Accardi che sembrano realmente trasportarci nel Giappone del XII secolo (o giù di lì, manco di preparazione storica in materia). L'episodio è intitolato La redenzione del samurai.

Il terzo numero è quello che al momento ho trovato meno riuscito e interessante. Probabilmente il periodo storico e l'ambientazione sono per i miei gusti i meno affascinanti tra quelli proposti finora cosa che ha avuto il suo peso nel mio giudizio, ho trovato però questo episodio francamente noioso e per nulla avvincente. Siamo in India nel 1857 durante La rivolta dei Sepoy, le truppe dei nativi indiani arruolate dall'esercito occupante, quello Inglese. In questo scenario si consuma un amore tra due giovani di diversa estrazione sociale e seguiamo le avventure del Sergente Maggiore Donovan, ufficiale inglese e padre di uno dei due ragazzi. Storia senza particolari guizzi di Giuseppe De Nardo, buone le matite di Bruno Brindisi che avevo però apprezzato maggiormente in territori texiani.


Anche nel quarto episodio la storia, pur essendo ben scritta e orchestrata, dà l'impressione di essere convenzionale e già vista parecchie volte. Però i gusti di Ruju sono probabilmente più simili ai miei e ancora una volta il buon Pasquale riesce a convincermi (mi ero goduto parecchio anche tutto il suo Cassidy). Siamo nella seconda metà degli anni '30, tempo di gangsters, liquori proibiti, mitragliatori, macchine d'epoca e debiti di gioco. Angelo è costretto suo malgrado a partecipare a un colpo con il suo nuovo amico Eddie, un colpo che potrebbe sembrare facile, ma nella vita e in questo ambiente cosa lo è? L'animo gentile di Angelo riuscirà a raccapezzarsi tra crimini e sparatorie? Non manca nemmeno la più classica delle femme fatale. Disegni di Ambrosini che continuo ad apprezzare più come sceneggiatore che alle matite. No Smoking il titolo dell'episodio.

E' con il quinto numero che arriva l'episodio migliore tra quelli letti finora. Dopo l'ottimo Valter Buio, Alessandro Bilotta si conferma un ottimo scrittore in grado di imbastire con questo centinaio di pagine un piccolo gioiellino a fumetti. Il lato oscuro (sorta di piccola citazione musicale insieme a quelle di Space Oddity di Bowie contenute nell'albo) è narrato su due piani temporali, il presente, dove il pilota Lloyd Clarke è riuscito a coronare il suo sogno di diventare astronauta e il passato, dove la sua vita da bambino, passata insieme al fratello maggiore Tom tra sogni e giochi a tema fantascientifico, deve affrontare alcuni traumi. Ma in quella navicella, nel presente, succede qualcosa di molto strano. Ottimi i disegni di Matteo Mosca che contribuiscono in maniera forte a rendere questo quinto episodio il migliore del lotto.

Ultimo episodio letto finora è Ritorno a Berlino scritto da Paolo Morales, autore purtroppo da poco scomparso, per i disegni di Davide De Cubellis. Racconto cospiratorio dove segreti che affondano nella Germania del muro di Berlino mostrano le loro conseguenze nel nostro presente, dove le figure dei padri sono forti e ingombranti, dove i figli subiscono le conseguenze delle loro azioni in un modo o nell'altro e dove alcuni personaggi, cinici e spietati, riescono ad assumere una doppia valenza. Nonostante alcune svolte narrative possano risultare intuibili dal lettore più smaliziato (ma anche no), la storia si rivela davvero piacevole nonostante la parte grafica, pur non presentando particolari pecche, non faccia gridare al miracolo.

Al momento l'esperimento narrativo sembra riuscito, l'alternanza di autori e storie tiene desta l'attenzione e la qualità delle proposte è mediamente buona. Menzione particolare per le copertine di Aldo Di Gennaro davvero molto molto belle, aiutate da una scelta della carta che riesce a rendere una sorta di effetto tela che impreziosisce l'arte del disegnatore. Anche qui la copertina del quinto numero mi sembra la migliore, insieme all'ottima realizzazione di quella del secondo numero.

Dario Lopez

sabato 8 dicembre 2012

Ma che "davero"?!


Avrete notato spero, che la testata del blog è cambiata, alle sinuose acrobazie di Steve Rogers disegnate dal buon Steranko, sono susseguite un  mix di copertine di comics con la tematica inerente al Natale.
Ormai manca poco, oggi poi l'otto dicembre, festa di non so quale santo particolare, è un giorno speciale perchè di solito oggi è il giorno in cui le case si addobbano per le prossime feste, chi fa l'albero chi fa il presepe, chi entrambi, io sono alberista più che presepista, cosa strana per un napoletano è vero, ma che ci volete fare, preferisco l'abete (finto) alle montagne ed alle grotte di sughero. in verità le amavo le grotte di sughero, i pastori, le pecorelle, la fontana, il laghetto ed il fuimiciattolo con l'acqua vera...ma è mio papà quello buono a fare ste cose.
 E fumettopenìa che fa? Beh l'addobbo l'ho fatto, è quassù, però in più ho pensato di farvi un piccolissimo regalo, potrete vedervelo a fondo pagina ...fermi dove andate?E un'attimo Cristo! 
Ecco, me dovete far sempre sbroccà, accidenti a voi.
Prima leggete la recensione di Federico Strazzari, altra vecchia conoscenza di FDC.
Fede parla veramente poco ma quando parla...
Dice di essersi letto Davvero, un fumetto made in Italy della Barbato, una delle scrittrici in seno alla Bonelli su Dylan Dog, (qui però siamo in casa Star Comics) e deve essergli piacuito proprio tanto se si è ritagliato un angolo dalla sua routine e parlarcene qui su Fumettopenìa!
Stiamolo a sentire, silenzio li in fondo che cominciamo...aò sempre voi siete a fà caciara, guardate che io prima o poi vi divido!

E’ veramente un caso fortuito che, lasciando per una volta il mio piccolo, angusto, ma confortante mondo degli eroi in calzamaglia, mi sia imbattuto in un fumetto come questo. L’albo mi ha attratto irresistibilmente dallo scaffale della fumetteria come un predestinato, e non appena l’ho avuto tra le mani, vi ho immediatamente scovato diversi elementi assai accattivanti.
Innanzitutto non è facile trovare una serie “bonellide” di ambientazione strettamente realista; non sono un esperto, ma al momento non me ne vengono in mente altre (a parte, forse, “Julia”, sebbene sia completamente diversa per tematiche e caratteristiche). Un altro aspetto che mi ha colpito subito è la straordinaria qualità dei disegni (opera di un, per me, sconosciuto Walter Del Trono): e anche questo è un elemento non comune per questo tipo di collana, specie quelle non “originali” Bonelli doc.
Ho poi scoperto che l’autrice Paola Barbato è una degli autori di punta di Dylan Dog (sono uno dei pochissimi fumettofili italiani a non essere un fan dell’indagatore dell’incubo) e che il suo “Davvero” era già ampiamente diffuso nel web, ambito in cui l’idea è nata e si è sviluppata, arrivando al momento in cui scrivo alla puntata n.70.
Ma perché tutti questi preamboli? perché tutte queste attenzioni? ma perché “Davvero” mi è piaciuto. Mi è piaciuto veramente un sacco.
La cosa strana è che sono sempre stato piuttosto scettico nei confronti del realismo nei fumetti e nella letteratura in generale. E’ un terreno molto scivoloso, in cui è facile cadere nel documentarismo o, al contrario, di affossare il lettore nella noia, a causa di personaggi “macchiette” poco credibili e/o di vicende banali e scontate. La mia stessa scelta di dedicarmi quasi in toto ai super-eroi è una conseguenza di questa mia originaria diffidenza…
Cosa c’è, allora, di diverso in “Davvero”? non è facile capirlo: probabilmente è il fatto che Martina, la protagonista, e tutti i comprimari sono personaggi “veri”, e per “veri” intendo verosimili. La cosa che mi attrae, che mi ha sempre attratto quando approccio un’opera letteraria, è osservare il comportamento dei personaggi di fronte alle vicende in cui l’autore li fa incappare. E’ un interesse morboso, il mio, ed è parte fondamentale di quel meccanismo di identificazione che ti fa innamorare della storia che stai leggendo, che non ti fa staccare gli occhi dalle pagine finché non ti si chiudono dalla stanchezza..
La cosa importante, quindi, per me non è tanto il “genere” di fumetto: fantastico, super-eroistico, di guerra ecc., bensì la verosimiglianza delle situazioni, dei comportamenti, che siano originati dall’attacco di un mostro venuto dallo spazio, o di fronte all’angoscia di dover affrontare un esame la mattina dopo. Ha scarsa importanza, in fondo: quello che conta è: come farei io? e come sta facendo, invece, lui/lei?
Ecco, io credo che in “Davvero” questi meccanismi siano scandagliati con grande profondità e, insieme, con grande leggerezza, con tocco morbido e rispettoso, senza concedere nulla alla spettacolarizzazione e senza scivolare mai nel banale.
Oltre a questo, c’è una grande cura per le ambientazioni: una Milano variegata tra hotel di lusso, campus universitari e squallidi appartamenti stipati di varia umanità. Una cornice viva e vibrante per un dipinto che riempie e appassiona.
Che altro aggiungere? solo che sono proprio contento di essere uscito per un attimo dal mio loculo pieno zeppo di super-eroi e aver preso una salutare, fresca e profonda boccata d’aria. Non vedo l’ora che esca il numero 2…

Federico Strazzari



Buon Natale!

Fumettopenià vi ringrazia per le quasi 9000 visite dalla sua nascita in Agosto, e vi fa un regalino, qui sotto c'è un pacco regalo per voi, il link vi manderà al mio profilo Issu, in cui vi ho preparato le scansioni di una delle più dolci storie di Natale mai scritte in casa Marvel, storia e matite sono di J.Byrne, ed in Italia fu pubblicata molti anni fa sulla gloriosa Star Magazine. Prendetelo, virtualmente parlando ovvio e mettetevelo sotto l'albero questo è il mio pensierino per voi, e poi non dite che non vi voglio bene.
Baci ai Pupi!

cliccami!

mercoledì 14 novembre 2012

Le Storie #02 - La redenzione del samurai.

Non ci posso fare niente, è più forte di me, tutto quello che porta la firma di Recchioni, ed è fatta fuori dalle tavole di un fumetto, io proprio non lo sopporto. Per esempio, nel suo blog ci entro pochissimo, ne ricavo quasi sempre vibrazioni negative, quando leggo articoli inerenti al mondo del fumetto, o quello del cinema, quando parla di videogiochi poi, che è un mondo a me completamente alieno, evito proprio di soffermarmici. Quindi a parte un paio di pezzi su FDC mi sono sempre tenuto alla larga da questo autore italiano, che me fa allergia, allo stesso modo in cui i pollini mi irritano le mucose delle vie aeree superiori, i suoi scritti, i suoi interventi ed i suoi commenti mi irritano lo spirito, non che l'abbia conosciuto dal vivo, o ci abbia  mai mangiato frittura insieme, è semplicemente una cosa a pelle, con questo non voglio certo dire che boicotto il secondo numero de "Le Storie" solo perchè la Redenzione del samurai, è farina del suo sacco, ci mancherebbe, mica sono così coglione, ripeto che è il personaggio che me sta antipatico, non l'autore, che indubbiamente ha messo a segno alcuni ottimi lavori, metti per esempio il favoloso horror-western Garret, o il bellissimo Mater Morbi su Dylan Dog, toccante, e parlo da operatore sanitario. 
Semplicemente Le storie come collana, il cui primo numero non mi ha fatto proprio impazzire, anzi al contrario, ha la sfiga  nascere ed uscire in concomitanza con la serie più attesa del momento, la ristampa in edizione economica di Walking Dead di Kirkman ad opera di Saldapress, e siccome, per lo meno io, ottimizzo le spese relative al fumetto, perchè i tempi sono quelli che sono, la mannaia è caduta forse precocemente, ma anche forse no, sulla nuova collana Bonelli. 
Non sembra dello stesso avviso il caro amico Danilo, rispettabile nerd della ciociaria che al contrario di me, sempra letteralemtne adorare  lo scrittore di cui sopra, e tutte le volte che mi vede non perde occasione  per caldeggiarmi l'aquisto in blocco di Jhon Doe, visto che sono tra quelli che non lo hanno mai letto. Quindi do il benvenuto a Danilo, e spero che resti tra noi a Fumettopenìa, e gli cedo il centro del palco, e vi lascio alla sua prosa, decisamente ricercata. 

Ho sempre ritenuto Roberto Recchioni il Tarantino del fumetto italiano. Il perché è semplice. Come le pellicole di Tarantino, i fumetti del Recchioni nazionale si leggono velocemente, hanno diverse chiavi di lettura, ti colpiscono allo stomaco con colpi di scena e trovate assolutamente impreviste ma necessarie allo sviluppo della trama. Insomma, sono dannatamente belli,
 rapidi e ti lasciano un ghigno orgasmico sulle labbra dall’inizio alla fine. Eppure le differenze tra i due ci sono e sono notevoli. Il primo è un autore che ha fondato la sua carriera sulla riproposizione degli stilemi delle pellicole di genere, aggiornate e rivitalizzate da un sapiente uso della macchina da presa. Il secondo è un autore degenere di genere nel genere, se volete passarmi il gioco di parole. Ovvero qualcuno che pur partendo dallo stesso entroterra culturale non si limita a riproporre e modernizzare ma è capace di scomporre e ricreare, dando vita a un linguaggio verbale, visivo, artistico tout court che in più di una occasione raggiunge la perfezione del mezzo che anni fa ha scelto come veicolo di comunicazione. Perché nel continuo e complesso gioco di sciarade, quiz intellettualoidi, scanzonata e per questo profondissima filosofia da due soldi dal chiaro imprinting orientale, Recchioni è stato capace di creare universi. E tutta la sua opera diviene tavola dopo tavola, dialogo dopo dialogo, silenzio dopo silenzio un grandioso affresco ludico in continuo divenire in cui i suoi eroi vivono, interagiscono con i lettori ammiccando alle sue voglie feticistiche e morbose di nozionismo e immedesimazione. E parliamo di questi eroi, sempre più simboli di personaggi che personaggi veri e propri, icone imperiture di machismo o viceversa incarnazione delle debolezze inumane delle creature di carta. Tutte quante, nessuna esclusa. Di ognuna un pezzetto: un’alzata di sopracciglio, un sorriso, un naso. Marionette con l'anima manovrate da un mangiafuoco fagocitatore di b movies. Come l’eroe della sua ultima fatica bonelliana: “la redenzione del samurai”, secondo numero della collana “Le storie”, serie autoriale che fa ricordare da vicino la sempre poco lodata “Un uomo un’avventura”. Un ragazzo che, come molte altre figure letterarie, si ritrova a dover essere incarnazione di una filosofia più grande di lui. A intraprendere un viaggio iniziatico che come ogni percorso del genere inizia con una morte (o quasi), una fase di crescita e ridiscussione dei propri valori e infine una rinascita: il ragazzo ora è un uomo pronto a percorrere la sua strada. A fargli da contorno: un maestro, una leggenda, briganti, spade, onore. E ancora: frasi a effetto, sguardi cattivi, occhi inanimati che prendono vita, teste mozzate di cavalli che nemmeno “il padrino”. Il tutto disegnato con la maestria di un artista preparato come Andrea Accardi, capace di rendere tanto la maestosità silenziosa dei paesaggi innevati in cui il nostro samurai si inoltra, quanto la plasticità dei corpi nelle scene di azione in cui volteggiano lame affilatissime e nodosi bastoni letali. E tanto, tanto altro ancora ci sarebbe da dire su questa opera che a scriverne si farebbe troppa fatica e confusione e sicuramente ci si scorderebbe qualcosa. E allora forse è più facile parlare del suo scrittore, come ho fatto io, e consigliare di leggere il fumetto in questione. Con un avvertimento: ricordate che ogni dettaglio in più che coglierete tra quelle vignette, ogni omaggio o citazione che scoprirete vi spingerà sempre di più nella testa del suo creatore col rischio reale di esserne risucchiati e non volerne più far ritorno.

Le Storie #02 SergioBonelli Editore - La redenzione del Samurai - di R. Recchioni & A. Accardi 
brossurato 114 pag. B/N  3,50€

Danilo Panicali