Sono ritornato agli anni 'novanta.
Sono in piena manga fever, alla riscoperta di letture che
fondamentalmente, per motivi di budget, ai tempi in cui ero un membro
familiare economicamente passivo, dovevo eliminare dalla wishlist... per
forza di cose.
Ora, che ringraziando al cielo, sono economicamente un attimino più
agiato ed indipendente, posso permettermi atti di compulsione su ebay ed
in giro per fumetterie, ultimamente mentre voi vi riempite le mensole
di Lemire, io proprio non ci riesco, ho fatto un pò di recuperi,
e tra queste sortite che hanno l'equivalente delle spedizioni delle donne nei centri commerciali in periodo di saldi, c'è stato quello di Patlabor di Masami Yuki, una serie
pubblicata almeno 10 anni fa se non di più, dalla Star Comics, che
interruppi per i motivi di cui sopra e che ho completato nello scorso
2015 con molta calma; e che per via della sua assoluta appetibilità
ha inevitabilmente monopolizzato le ore dedicate alla lettura di questi
giorni.
I giapponesi lo fanno meglio.
Era il 1988, quando il giovane Masami Yuki decise di scrivere un manga
che rivoluzionasse il genere robotico.
Nella saga di Gundam di Y. Tomino
del 1979, c'era stata un primo balzo evolutivo nelle trame, in Gundam infatti, in tutte le sue incarnazioni,
avevano reso i robot più realistici, riducendoli a prodotti di serie di
una tecnologia umana avanzata.
Al contrario delle elitarie macchine di Go Nagai ed i suoi successori,
che restavano pezzi unici, nonostante i nemici non fossero certo pochi, e nonostante ad ogni episodio venivano semi demoliti.
Se in Gundam, il Robot, con il concetto di Mobile Suite, o Mecha diviene un
prodotto di serie come puo essere un carro armato, in Patlabor, i Labor
sono esoscheletri ideati per i più svariati utilizzi, da quello edile a
quello di ordine pubblico. (PatLabor è la fusione
di Patrol e Labor, Pattuglia e Labor, termine con cui Yuki indica i
Robot costruiti dalle varie corporation adibiti ai lavori più faticosi.)
Per dirla in altre parole, alla fine degli anni '80, Yuki immaginò un mondo in cui il Giappone e non solo, disponesse di una tecnologia capce di ideare macchine
antropomorfe guidate da uomini o donne. Ed una corsa di produzione, tra varie corporation degna di un romanzo di fantapolitica.
Patlabor è ambientato nei 5 anni che vanno dal 1998 al 2002, il Giappone
di quegli anni è un paese in ripresa economica ed urbanistica.
Come nazione, è sopravvissuto ad un terremoto (1995) e deve fare i conti
con una situazione climatica che sta sciogliendo le calotte polari, ed
aumentando il livello dei mari, una situazione che provoca la perdita
delle sue coste.
Uno dei progetti che viene costantemente citato in Patlabor è il
Progetto Babylon, che tra le altre cose si occupa della costruzione di
barriere e dighe per la salvaguardia delle coste giapponesi.
La portata
mastodontica di questi lavori, ha indirizzato un
altissimo numero di industrie nella ideazione e costruzione di
particolari macchine, chiamate appunto Labor, che sostanzialmente sono
dei bulldozer antropomorfi capaci di fare lavori più certosini rispetto
alle classiche gru.
L'incremento e la produzione di massa di questo tipo di macchine
ovviamente, ha finito per agevolare nuovi tipi di crimini, un Labor può essere usato con la stessa facilità, per costruire dighe o rapinare banche, e per questo che alla fine i governi hanno sentito l'esigenza di utilizzare questi mecha anche nelle forze militari e di polizia: Patlabor
infatti racconta le avventure di una specifica squadra della
questura di Tokio, la seconda squadra di veicoli speciali, che ha in
forze due particolari Labor, gli Ingram delle industrie pesanti
Shinohara pilotati dalla tenace Noa Izumi e l'irruento Isao Ota.
A grandi linee questo è il background di base, di questo divertentissimo manga, che ha la sua
forza, secondo me nel riuscitissimo inserimento di macchine
fantascientifiche come i Robot, in un contesto, urbano, realistico
e routinario come può essere la vita di una squadra di polizia della
questura di Tokio.Quello che più mi piace di questo manga è lo sviluppo della trama, Yuki, non si limita ad una sequenza di botte tra robot, al contrario, sulla nascita di questa macchina, costruisce trame dalle tematiche più vaste, dallo spionaggio industriale, l'ingegneria genetica, la condizione operaia, ho trovato di una incredibile appetibilità la storia dello sciopero degli operai piloti di labor, tessendo il tutto con fili di ironia tipica del sol levante, una zona in cui il fumetto è sempre stato una forma d'arte che rappresentava la cultura gli usi ed i costumi nazionali, condizione narrativa che traspare nella caratterizzazione dei personaggi, del loro modus vivendi e del loro rapporto con il prossimo ed il loro lavoro.
Decostruzionismo Robotizzato.
Parliamo sempre del decostruzionismo delle calzamaglie, ma del decostruzionismo del genere dei super-robot, non ne parla nessuno?
oltre la saga del Gundam di Tomino, un altro autore che aveva accennatom ad una rivoluzione del genere, fu Hajime Yatate che un anno dopo, nel 1980, nel suo Trider G7, accennò per la prima volta all'originale soluzione narrativa che introduceva il concetto di costi di gestione di un Super Robot.
Indimenticabili i sipartietti in cui Watta Takeo, l'immancabile adolescente pilota, era ripreso dal vicepresidente della compagnia, Kakikoji, che si lagnava delle spese sostenute durante le missioni, carburanti, missili, usura, danni, un vero e proprio commercialista che non mancava mai in nessun epusodio dell'anime.
Yuki come detto, inserisce i Mecha, nel contesto routinario della vita di Tokio, in una maniera che finiscono per diventare un normalissimo aspetto della vita del suo mondo.
Nelle storie di Patlabor ci sono elementi che indirizzano le trame verso i più svariati temi, alcuni, posso assicurare, di una appetibilità indiscutibile, come le proteste sindacali degli operai, preoccupati che le multinazionali sviluppino un sistema operativo che li tagli fuori dalla cabina di pilotaggio, e renda i labor autonomi ed indipendenti dall' uomo, con i tagli sulla spesa della manodopera umana.
Il lungo arc che vede i labor della seconda squadra scontrarsi con un esperimento genetico, sfuggito ai loro creatori, la lunga trama che vede protagonista la Shaft, una multinazionale con pochi scrupoli, che ricorda tantissimo, per la carenza etica, la Roxxon Marvel o la Lexcorp della DC, il cui capuficcio della sezione 7, Utsumi, sembra non avere alcuno scrupolo per reggiungere i suoi scopi.
Ma non mi basterebbero un paio di giorni per descrivervi il mondo ideato da Yuki, che è il caso di ricordare che ha creato Patlabor agli inizi della sua carriera di mangaka.
Non male cominciare con una serie il cui titolo è divenuto poi un marchio con varie produzioni, dai cartoni animati ai videogiochi passando per giocattoli e gadget vari.
Anche le varie parentesi, immancabili, di guerriglia urbana a suon di robo-sberle, coinvolgono il lettore, grazie anche alla perfetta caratterizzazione dei personaggi, difficile non innamorarsi, in corso di lettura, di Uozumi o di Ota o del loro team di supporto, come il trasandato Goto, caposezione che nasconde doti intuitive che farebbero invidia all'ispettore Dupin.
Insomma Patlabor è del 1988, letto oggi, è comunque avanti anni luce alla produzione italiana, c'è un approccio al media, nonchè una gestione dello stesso, che semplicemente da noi, se non è estinta, latita da decenni, nulla di strano se ad un certo punto della vita editoriale del fumetto in Italia, calzamaglie e bonellidi si videro superare in termini di vendita dai manga, a fine anni '80.
Se amate i mecha e la fantapolitica, Patlabor è il fumetto che fa per voi, gli appassionati di fumetti nipponici possono andare tranquilli, come accennato più in alto pur nella sua originalità, il manga di Yuki, conserva tutti i canoni classici della narrativa illustrata giapponese, amore per la cultura nazionale per i costumi e gli usi, riportati su carta, con una naturalezza disarmante, che arricchisce la lettura e che fa la differenza, con la monotona mediocrità di alcuni interminabili seriali.
Graficamente Masami Yuki è bravissimo, capace di ideare
tavole di tensione con la stessa padronanza di disegnare tavole più
scanzonate e comiche, il suo design dei mecha è una gioia per gli occhi,
il dinamismo delle sue illustrazioni non ha nulla a che invidiare ai
suoi colleghi mangaka da sempre, è il caso di ammetterlo, secoli avanti
nella illustrazione più dinamica.
Senza spoilerarvi un solo tankobon, ho parlato anche troppo per i miei, mi sento di consigliarvi il recupero di questi 22 albetti editi da star comics alla fne degli anni'90, che sicuramente insieme a Ghost in the shell del maestro Shirow, rappresentano una tappa fondamentale nello sviluppo di quel tipo di narrativa.
spero di avervi attaccato la scimmia per Patlabor.
Nel frattempo, mentre attacco con 2001 Nights e dopo con Appleseed, non mi resta che augurarvi:
baci ai pupi.
Si, questo è un altro blog sui fumetti. E come suggerisce il nome, indica una malattia: la dipendenza dai fumetti.
Benvenuti nell'ennesimo posto del web, saturo di dissertazioni e soliloqui, commenti e suggerimenti sulla nona arte.
Perchè fondamentalmente, chi ama i fumetti, non ne hai mai abbastanza, e non solo di leggerli, ma nemmeno di pontificarci sopra.
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mercoledì 9 marzo 2016
Il mondo di Patlabor
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