Si, questo è un altro blog sui fumetti. E come suggerisce il nome, indica una malattia: la dipendenza dai fumetti.

Benvenuti nell'ennesimo posto del web, saturo di dissertazioni e soliloqui, commenti e suggerimenti sulla nona arte.
Perchè fondamentalmente, chi ama i fumetti, non ne hai mai abbastanza, e non solo di leggerli, ma nemmeno di pontificarci sopra.

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Fumettopenìa è dedicato a Fumettidicarta ed al suo papà Orlando, che dal 2009, non ha mai smesso di farmi credere che scrivessi bene! Anzi scusate, che scriverebbi bene. E se adesso migliorato, lo devo sicuramente ai suoi incessanti consigli.

mercoledì 24 luglio 2013

Quel mutante di Bendis



Il plot di All New X-men, fa acqua da tutte le parti, è uno schiaffone alla continuity Marvel, ai puristi, allo zoccolo duro, agli affezionati della Marvel Comics, ai cosiddetti Marvel Zombie, l’idea alla base di questi Nuovissimi X-Men di Bendis è indigesta persino come operazione di ret-con.
Quel che fa la Bestia ai giovani pupilli di Xavier, a dire il vero, fa a pugni anche con tutto quello che è stato il genetista degli X-Men. Un' azione egoistica che tecnicamente mette in pericolo lo stesso futuro dei 5 Uomini X originali, una grossa forzatura, alla psicologia ed al modus operandi di un eroe votato alla non-violenza e all’altruismo.
Immaginatevi di essere un mutante adolescente, istruito a credere in un utopia di convivenza tra uomini e mutanti, di essere strappato dal vostro  tempo e di ritrovarvi in un mondo, anzi nel vostro ineluttabile futuro, in cui apprendete che tutto quello che il professor X vi sta insegnando fallirà.
Immaginate di apprendere  nel modo più pratico che iddio possa concedervi, ossia vedendolo con i vostri occhi, che diventerete un leader terrorista che fa comunella con Magneto ( Leader della confraternita dei mutanti malvagi), che addirittura ucciderete il mostro stesso mentore, che la ragazza dei vostri sogni, morirà, che il vostro amico Hank si trasformerà in una grossa scimmia dal pelo blu, in fase terminale. E non si è ancora toccata la questione Angelo, che io avevo lasciato formattato alla fine della saga Angelo Nero, su X-Force.
Senza tirare di nuovo in ballo il caro dottor Emmet Brown, lo scienziato pazzo di Back to the future, che ho usato due giorni fa in quella immagine, e sparso un po’ in giro su facebook per darvi l’hype giusto al commento, senza baloccarsi troppo con le sue teorie distruttive riguardo i viaggi irresponsabili lungo la linea del continuum spazio temporale, senza ipotizzare troppo la distruzione dell’universo, direi che quello che apprendono i giovani X-Men nei promi due fantastici numeri, basti e avanzi per pretendere di essere riportati nel proprio tempo, ed inventarsi una nuova vita, magari in chiosco di grattachecche in centro, considerando che le doti di Bobby andranno ad aumentare negli anni, e che col ghiaccio vi suona l'aida, dare un taglio drastico  alla carriera di supereroe.
Invece non succede nulla di tutto questo, anzi al contrario succede che:
Jean  viene a sapere di essere in un punto del futuro in cui è già morta, ma non fa ina grinza anzi, impara ad usare i suoi poteri telepatici (solo dietro un semplice consiglio).
Scott apprende di essere l’assassino del suo professore Charles Xavier.
Hank scopre di essere sul punto di essere ucciso dal suo stesso geneX, che intanto però lo ha reso un sacco di pulci blu, (ma questo comunque non gli impedisce di pilotare un Blackbird di una 50ina d’anni più evoluto tecnologicamente). Ecco, questo succede. 
Eppure, questo fumetto al momento è la cosa più godibile di tutto il Marvel Now.
Si avete capito bene, la pippa criticona d’overture, era solo per far contenti i soliti brontoloni, la vera recensione comincia adesso, ed è assolutamente entusiasta e positiva non solo sulla nuova serie di Bendis, ma anche per la nuova Legacy in appendice, quella con Legione disegnata da un Tang Eng Huat ispiratissimo, che a me ricorda molto l’italico Carlo Ambrosini sugli Inferni di Dylan Dog.
Ma andiamo con ordine.
Mr Bendis, è veramente in uno stato di grazia, la serie è ipercinetica ed incalzante, lo storytelling è portentoso, e non è un eufemismo, e per quanto possa essere assurdo il plot, in un universo che fa della continuity il suo vanto, le due generazioni di X-men a confronto è un intuizione geniale.
Punto.
Caso chiuso. Il plot funziona ancora di più perché è sviluppato sugli X-men, mettere uno di fronte all’altro Capitan America, non sarebbe stato così  stuzzicante, un personaggio statico nella sua psicologia, congelato nei suoi ideali genuini, (anche se è stato fatto da Alex Ross nella sua Vendicatori vs Invasori). Gli X-men sono il supergruppo, che più degli altri ha visto trasformare la sua ragione d’essere, dall’evoluzione dei tempi, parlo il sogno di Xavier. Per tutto quello che hanno dovuto subire i mutanti dai lontani anni ’60 fino ad oggi l'utilità di Xavier ha subito diversi ed irrimediabili colpi. 
Se la serie così com’è, come è scritta, edimpostata  vale un bell’otto, con quel diavolo di un Immonen, con quei disegni, e quelle geometrie su tavole a dir poco mozzafiato, raggiunge tranquillamente il dieci pieno.
E a proposito di impostazioni delle tavole, possiamo dare il bentornato al famoso widescreen comics, smarrito ahimè dai tempi di Ultimates (Millar & Hitch)? E che abbiamo intravisto un poco nella trilogia Ultimate Doom firmata Bendis Sandoval?

La spinosa faccenda del comprimario.

Ho mollato Thor per via della pessima scelta dei comprimari, i Vendicatori di Hickman nemmeno li ho iniziati, per lo stesso motivo.
I Fantastici Quattro di Fraction, invece li ho abbandonati, non perché il formato sia pessimo, anzi, come ho già detto il nuovo formato che ospita il quartetto, è competitivissimo, rispetto agli albetti Lion, ma la serie….dio la serie, un film di Truffaut è piu veloce, due numeri e non è successo assolutamente nulla, inoltre non dimentichiamo il malus di due disegnatori a mio avviso pessimi, ed il nuovo quartetto, a casa mia,  è durato meno di Papa Luciani.
Al contrario invece questi Nuovissimi X-Men, il nome della testata però è orripilante almeno come quello degli Incredibili Avengers, mi hanno conquistato subito, anche il nuovo Legacy merita attenzione, protagonista della serie: Legione, il figlio schizofrenico di Xavier, creato dal solito Claremont, nel  1985, e che probabilmente ha ispirato Morrison per la sua Crazy Jane.
Sociopatico affetto da personalità multiple, è un mutante di classe omega,  estremamente potente, instabile e pericoloso, basti dire che ha svariati superpoteri, che si manifestano ogni volta che cambia personalità…di documentate ci sono la Pirocinesi, la Telecinesi, la Telepatia, il viaggio nel tempo. Insomma appetibile.
La nuova serie di Spurrier e Huat promette un doppio sviluppo, sul piano fisico, dopo aver appreso della morte del padre, David decide di tornare nel mondo e rendersi utile alla comunità mutante.
Sul piano psichico, Legione combatte una guerra nella sua martoriata testa contro le centinaia di personalità che la abitano, al fine di recuperare la sua integrità.
Un Tan Eng Huat, decisamente mutato, dai tempi della sua Doom Patrol, che ripeto tanto ricorda il buon Ambrosini, specie quando è alle prese con gli scenari atipici raffiguranti la psiche di David, che ricordano tantissimo “Dylan Dog: Inferni”.
Per concludere: viaggi nel tempo e personalità multiple, per uno che reputa pietre miliari della sua mediateca, Ritorno al futuro e Fight club, direi che questo è lo spillato che aspettava da tempo.
Due gran belle serie che mi hanno portato a fare altre considerazioni in materia di Spendig Reviews.
Visto che Avengers Arena non mi era affatto dispiaciuta, e visto che mi sono spoilerato da solo una sorta di team-up tra Uncanny e All new, ho deciso di recuperare anche gli ultimi due numeri del mensile che ospita la serie di Remender-Cassaday, nonostante mi abbia lasciata così freddino, perché al contrario di All New X-men, che ha un incipit coinvolgente, Uncanny Avengers si presenta abbastanza maluccio, con una piattezza psicologica dei personaggi protagonisti della serie, specie relazionati all’ultimo megaevento concluso, ed una legnosità grafica di un Cassaday non proprio in vena.
Quindi il Marvel Now in casa fumettopenìa, si è finalmente stabilizzato, e incredibile a dirsi per ora porta l’inattesa firma di Bendis, autore che ho sempre detestato, ma stavolta non gli si può dire nulla, per adesso ha catturato l’attenzione alla grande.
Perché si, forse è vero, Ciclope aveva ragione.
Ora tocca vedere quali dei due.
Baci ai pupi.

lunedì 22 luglio 2013

L'urlo di chen terrorizza i Navigli



Long Wei di diego Cajelli e Luca Genovese  - Bonellide dell' Editoriale Aurea, che detto così fa brutto lo so, ma rende l'idea, brossurato in bianco nero su carta velina  2,90€
State per partire per il mare? Se siete fortunati, la distribuzione ha lasciato un pò molto a desiderare, ma come dicevo se siete fortuinati,  potreste anche trovare in edicola questo nuovo mensile dell' Ed. Aurea, non occupa molto spazio e non pesa nemmeno tanto, sembra sia stampato su carta velina.
L'Aurea sembra impermeabile alle critiche che gli muovono i lettori, e continua imperterrita per la sua strada, il nuovo mensile si chiama Long Wei, ed è nuovo appena uscito, non fatevi trarre in inganno dal giallognolo itterico delle pagine, non ho ben capito se sia una cosa voluta, che aumenti l'effetto "so 70'ies" dell'opera. O sia perchè la carta è effettivamente scadente. comunque se lo è letto Dario, e qui di seguito vi lascio alla sua opinione, nel frattempo in bocca al lupo ai due autori...
Finalmente Long Wei. Dopo una discreta attesa sono riuscito anche io a leggere il primo numero di quello che prometteva essere un piccolo caso editoriale. Come confermato anche dallo scrittore Diego Cajelli, l'hype intorno all'uscita di questo nuovo prodotto italiano è cresciuta a dismisura fino a rendere l'esordio di Long Wei uno dei più attesi nel panorama fumettistico nostrano.


A creare attesa probabilmente un mix di fattori. Innanzitutto l'ambientazione milanese della vicenda che come protagonista presenta un immigrato cinese esperto di arti marziali. Le recenti pagine della cronaca milanese rendevano lo scenario di estrema attualità, un tocco di campanilismo e le aspettative salivano ancora. E' indubbio inoltre che il nome di Roberto Recchioni a seguire il progetto, forte delle passate esperienze, ha contribuito a solleticare la curiosità dei lettori.

And last but not least il solido team creativo formato da Diego Cajelli e Luca Genovese già visti entrambi su diverse pubblicazioni italiane, tra le altre collaborazioni per Sergio Bonelli Editore e sul John Doe ideato da Bartoli e dallo stesso Recchioni.

Insomma, la curiosità c'era. Fin da subito è chiara, per chi un minimo lo conosce, l'influenza delle passioni di Recchioni sull'intero lavoro. Passioni e tematiche che sono quasi sicuro siano le stesse dello scrittore Diego Cajelli: stralci di ambientazione giapponese, samurai, spade e scontri. Long Wei è un ragazzo giovane che ha studiato le arti marziali in maniera profonda nella speranza di diventare un attore di spicco dell'industria cinematografica cinese. Nella Chinatown milanese lo Zio Tony gestisce insieme ai due figli Chen e Maria un ristorante che stenta a decollare. Per fare il salto di qualità Zio Tony si indebiterà con gente pericolosa e priva di scrupoli. Per porre rimedio alla difficile situazione, dalla Cina arriverà proprio Long Wei, figlio di un cugino dello Zio Tony. E l'urlo di Long Wei terrorizzerà l'occidente.

Ed ecco come wikipedia riassume l'inizio della trama de L'urlo di Chen terrorizza anche l'occidente, uno dei film più famosi con protagonista il grande Bruce Lee:

Tang parte da Hong Kong per Roma per aiutare uno zio di famiglia, la cui nipote Chen Ching Hua ha aperto un ristorante insieme ad alcuni amici e al cugino Wang, il cuoco. Il ristorante suscita l'interesse della mafia locale, che intende trasformarlo in un'attività illecita. Non riuscendo a convincere i proprietari a vendere, i malavitosi cercano di intimidirli, ma Tang riesce a sconfiggerli facilmente.

Il succo è questo: un palese omaggio ai film d'arti marziali dove l'eroe solitario grazie alla sua tecnica nelle arti marziali affronta e ridimensiona i farabutti di turno. Possiamo liquidare il tutto così, con queste due parole? Più o meno sì, non c'è molto altro.

Però... perché c'è anche un però...


Però c'è da dire che la lettura di Long Wei risulta parecchio divertente. L'impressione è quella di star leggendo cose già viste (più che già lette) non di meno la storia ha un respiro da B-movie o da telefilm di epoche passate, di quelli che ti prendono nonostante non offrano grandi novità. Entrando in contraddizione possiamo però dire che la novità è proprio questa: nonostante il plot sia risaputo un'operazione del genere mancava al settore del fumetto italiano da edicola e così l'esordio di Long Wei risulta essere comunque una boccata d'aria fresca.

Una lettura rapida, divertente, disimpegnata e citazionista. Se sguazzate nel genere e nella cultura pop di tutti i tipi non potete farvi scappare questo albo. Più o meno dovreste aver capito cosa ci troverete dentro. Al momento la scelta di ambientare la storia a Milano non è così caratterizzante, a parte qualche accenno topografico Milano o Napoli non avrebbe fatto differenza.

Funzionali i disegni di Genovese che rende a dovere ambientazioni e scene di lotta curando nella giusta maniera il dinamismo che un plot del genere impone.

venerdì 19 luglio 2013

Pacific Rim




[…e mentre scorrevano i trailer dei prossimi film in uscita, una sorta di Neon Genesis Evangelion, firmata da Del Toro, del quale credo che farò tranquillamente a meno…cit. me stesso dalla recensione di Superman] Perchè nella vita la coerenza è tutto.

Ieri pomeriggio,  ho stanziato un budget: 3,50 € sovvenzionabili fino a 5€, e mi sono   posto due opzioni: i Vendicatori di Hickman o i Robottoni di Del Toro? 
Ho scelto la seconda,  perchè ancora una volta. la Panini ha scelto di costruire un albo seguendo la solita equazione a loro cara - Serie Valida ( stando alla critica) + pippa  (stando alla mia opinione)- quindi ho optato per il cinema.
 D’altronde spendere 3,50 euro per un albo che sicuramente si conclude con “continua…”, onestamente non mi sembrava un granchè come investimento, quindi ho preso portafogli , chiavi e moglie -quest’ultima in verità molto stizzita  ad entrare in sala, quando ha scoperto che l’avevo imbrogliata e non stavamo andando affatto a vedere "Il fondamentalista riluttante"- e via, comodi sulla poltrona imbottita per  vedere sto film, che persino secondo la critica specializzata è da vedere assolutamente.

Ed è così che va, come diceva Johnny Gonzo Deep, in “Paura e Delirio a Las Vegas”, tutto fluisce secondo i capricci della grande calamita, effetto butterfly: io vedo il cinema a Roma al secondo spettacolo nel multisala di borgata, e sul vostro monitor, nel blog compare l'immancabile recensione.
Perció cominciamo.

Beh tanto per essere chiari -così si capisce la linea della recensione-  :questo film, dopo Godzilla e Cloverfield, è la prova che gli americani, le cose le fanno meglio, anche quando non è farina del loro sacco.
Guillermo Del Toro e la sua truppa, hanno preso un genere cinematografico tipicamente nipponico ed hanno concepito-realizzato-montato un film, superando alla grande i maestri orientali.
I puristi del filone, o del cinema in generale,  potranno puntualizzare questo o quel difetto quanto vogliono: d'altronde terreno fertile per far nascere e crescere rigogliose tante critiche c'è ne. Anzi vi dirò di più quasi pretendo di sentirle.  Specie dopo averne sentito di cotte e di crude sulla pellicola dedicata a Superman:
"Che schifo Zodd!"
"Che schifo Lois!"
"Che schifo la morte di Pà Kent!"
"Era meglio Cristopher Reeve!"
"Che stronzata la pennetta che funziona dopo 20.000 anni!"
Ma sparatevi va!
Sembra esista una fetta di pubblico, che si reca al cinema giusto per poi trollare sulle pellicole, negli appositi forum, una cosa che reputo fastidiosissima, ( come nel caso di Superman).
Beh i soliti criticoni possono anche sfregarsi le mani.  Pure in questo caso, materiale per feroci critiche non manca.
Assoluta piattezza della caratterizzazione dei personaggi, che sono ridotti a stereotipi. Imbarazzanti dialoghi,  e chi si diletta in letture nipponiche vi avrà già detto che la trama del film è identica a Neon Genesis Evangelion, a livello di sceneggiatura poi, ci sono buchi grossi come bocche di vulcani, specie nelle scene finali nei combattimenti sott'acqua, e parlando di finale, OCCHIO ALLO SPOILER,  è identico all'epilogo del godibile The Avengers di Whedon.  FINE SPOILER
Eppure nonostante tutto è un film carinissimo e di ottima fattura. Il montaggio delle prime sequenze che introducono la storia sono eccezionali. Non sono arrivati nemmeno i titoli di testa che ci si ritrova davanti il sunto della guerra contro i Kaiju, in pratica un omaggio ai mostri della mitologia filmica nipponica, degli esseri mastodontici (realizzati stupendamente) che emergono dagli abissi oceanici, da un portale dimensionale, e che portano morte e distruzione sulle coste dei continenti. L'Ozymandias di Alan Moore insegna: il nemico del mio nemico è mio nemico, specie se è alto come un grattacielo e grosso come uno stadio da football, e ad ogni colpo di zampa (o coda) spiana quartieri interi.


Pertanto i mostri sono la ragione grazie alla quale i popoli del pianeta si uniscono,  all together, romanisti e laziali, leghisti e terroni, Montecchi e Capuleti,  per la creazione di una superarma che possa tener testa a quesa invasione.
E se i Kaiju commemorano Godzilla e co. i Jaeger, i Robottoni giganti che rappresentano la principale linea di difesa terrestre sono un omaggio a tutto quello che c'è stato a cominciare da quando Go Nagai imbottigliato nel traffico da qualche parte in Giappone si è immaginato che alla sua auto sbucassero le gambe, e cominciasse a correre via (true story) ed ha inventato Mazinga Z,  a finire al manga Neon Genesis Evangelion.
Robot giganti antropomorfi pilotati da esseri umani, con la cabina di comando posta nella testa, che si attivano quando questa si attacca al resto del corpo.
E via si va, daglie de Deja-vu, vi basterà vedere la prima attivazione, del primo Jaeger, quello analogico (?!), e ricordi che credevate fossero andati persi, nella vostra mente vengono richiamati prepotentemente dalla potenza di quelle scene, da quelle inquadrature, perché Pacific Rim è tutto qui, una dose d’infanzia  per la generazione cresciuta vedendo Goldrake e Mazinga, nient’altro, e se lo spirito in cui entrate in sala è questo passerete  131 minuti in assoluta estasi. Perché Del Toro non si limita ai combattimenti tra grattacieli, per gli amanti del genere c’è proprio tutto, persino il resto del cast suggerisce alla memoria i vecchi cartoni della bella gioventù.


D’altronde Charlie Day e Burn Gorman, i due scienziati, chi dovrebbero ricordarvi, se non i pazzoidi caricaturali che abitavano il Centro Ricerche di Mazinga Z o la Fortezza delle Scienze?
Il Dr. Newton Geiszler, tatuato come un ergastolano di rebibbia o il suo socio saturo di tic, come fanno a non ricordare gli eccentrici dottori, tipo il dottor Saotome in camice e zoccoli in legno di Jetter robot?
 Come suggerito, nelle critiche da muovere, trama e personaggi sono stereotipati, non ci sono sfumature di sorta, buono e cattivo, punto, alcune situazioni come lo spaccio della carne e delle ossa di Kaiju, sono volutamente estremizzate. E' il discutibile sense of humoer tipicamente americano, ma ce sta, non stona. Stonava forse la Vedova nera quando alla vista del serpentone volante dice: "non mi sembra l'ideale per una festa." Mentre intorno a lei cadono alieni come la prima neve decembrina? E’ inutile gridare “Ma che stronzata!”
Come detto non è un film per cinefili, è per passare una serata a foraggiare il pupo che portiamo dentro, perché rimarra difficile non gasarsi nel vedere il Jaeger estrarre la spada, o i pugni a razzo durante le sane scazzottate in titanio in centro. Quando trascina un transatlantico per l vie di Hong Kong, per sciabolarlo in faccia al Kaiju, sarà dura trattenere le urla isteriche et estatiche. Non farete caso nemmeno più alla moglie che poverina si è addormentata a 40 minuti dalla fine. E ti chiede innocente "E quello quando è  morto?!"
Del Toro è si quello degli Horror cerebrali e psicologici come il “Labirinto del Fauno”, o dell’inquietante “Non avere paura de buio”, ma ha già deliziato noi nerd con la sua tecnica, infatti è quello del secondo capitolo di HellBoy, The Golden Army,  e se vi è piaciuto lì, qui anni e anni dopo di progressi teconologici in materia di effetti speciali, lo amerete.
A me è strapiaciuto, dovrei vergognarmene? Ma anche no.
La vita non è fatta solo di Ran  e Il posto delle fragole, ogni tanto un po’ di caciara ci vuole.
Quindi non indugiate oltre, i robottoni sono tornati, e se temete il flop Transfomers, non preoccupatevene, Pacific Rim è tutta un’altra cosa..
Baci ai pupi.
Scappate al cinema!



                              

martedì 16 luglio 2013

Echo: l'Amore-di una donna- salverà il mondo!

Mi faccio i complimenti da solo per cosa sta diventando fumettopenìa, dinamica e con  parecchie persone che vogliono collaborare! 
Con me sfondano una porta aperta, per più motivi: più siamo più si legge, più si commenta, inoltre è sempre meglio avere più punti di vista, specie meno polemici dei miei, che mi rendo conto a volte mi fanno figurare come un vecchio disilluso che va in giro con il cappotto logoro spingendo un carrello della spessa sbraitando contro il capitalismo (cit. Woody Allen - Io e Annie).
Diamo il benvenuto a Roberto Cesano, penna di una sensibilità sicuramente maggiore della mia, per non parlare della prosa, meno spartana e più ricercata, vi lascio al suo commento su Echo di Terry Moore, che pare sia un ottimo fumetto, sarà il cognome che automaticamente aumenta le potenzialità dei geni di chi lo porta? Alan Moore, Terry Moore, Tony Moore, Juliane Moore, Micheal Moore, Roger Moore, Demi Moore mah!
...e sembra che anche l'edizione italiana, si allontani molto dal concetto di "rapina senza pistola" tipici della Bao e della Lion.
Over mi levo dalle scatole e vi lascio in compagnia di Roberto e la sua opinione su Echo.
Buon luglio, a tutti. 



Julie Martin è una giovane donna intenta a scattare foto nel deserto texano, quando la sua vita è definitivamente cambiata ed il suo fato si incrocia a quello dell'intera umanità.
La dottoressa Annie è in volo nello stesso luogo dove Julie transita, quando è uccisa da
un missile lanciato dal suo capo, il dottor Fosterr dell'HenRI, il centro di ricerche per cui la sfortunata donna ha brevettato la lega 618; un metallo liquido dalle proprietà semi-divine. 
Annie esplode, con addosso una tuta della suddetta lega ed una pioggia-biblica- sommerge la malcapitata Julie che si ritrova frammenti di tale metallo sul proprio corpo. Due donne 

differenti si legano indissolubilmente ed inizia una disperata corsa per salvare il mondo dalla follia tecnocrate dell'HenRI e dell'esercito USA, decisi a usare la lega per motivi bellici. Ma la  scoperta della defunta Annie potrebbe causare la fine del mondo. 

Dopo la bella saga di Strangers in Paradise, nel 2008 Terry Moore, illustre rappresentante del fumetto indipendente a stelle e strisce, ha deciso di confrontarsi con nuove tematiche e generi, senza lasciarsi completamente alle spalle il proprio background: ecco Echo una complessa opera di oltre 600 pagine, edita in Italia dalla Bao Comics-che detiene i diritti di tutti i comics di Moore- e presentata in edizione completa. La fantascienza si mescola a quello che è una sorta di viaggio iniziatico per Julie e Dillon, il fidanzato belloccio e innamorato della defunta Annie, allo scopo di comprendere ciò che sta accadendo alla ragazza e i poteri straordinari della lega, mentre son inseguiti da un folle barbone, dotato anch'egli della lega e di una poco gradevole furia omicida. 
Il fascino di Strangers era insito nella bellezza di personaggi immersi nella quotidianità, come la rotonda
Francine precaria professionalmente e negli affetti; nell'affresco corale in grado di parlare di sessualità e desiderio al di là dei clichè omo/lesbo/etero.
In Echo è la volontà ferrea di una donna a salvare la Terra dall'apocalisse, in contrapposizione alla visione del progresso come estensione fallocratica degli istinti violenti del Maschio umano. Ad aprire ogni capitolo del fumetto, c'è una frase di Einstein sulla pericolosità dell'atomica e del progresso, come sterile atto di distruzione e Moore illustra e sceneggia una dissertazione sul tema ancestrale dell'uso della scienza, attraverso una trama con temi che gli sono cari ed il suo bel tratto, personalissimo. Il fumettista ama le donne e la loro complessità e le omaggia rendendole protagoniste dei suoi lavori, in quello che è un trend ormai trentennale ispirato ai manga ed all'emancipazione che le figure femminili dei comics  USAvivono dagli anni '70 in poi. Tuttavia se Katchoo e Francine e le altre di Strangers sono dei personaggi tridimensionali, dotati quasi di vita propria, in Echo i protagonisti sono più appiattiti e bidimensionali: Julie è una sorta di Francine, in bolletta ed alle soglie di un sofferto divorzio tuttavia il tratto più distintivo è la misteriosa scatola, che custodisce e che ha irritato l'ex marito-probabilmente dei dildi-, per il resto durante la narrazione, svanisce inglobata da Annie la cui personalità pare essere impressa sulla lega. Ma Julie non sembra scioccata nè realmente turbata da questa fusione, se non in rari siparietti comici cari a Moore.
Annie , d'altronde, è una sexy scienziata con boyfriend prestante, una coscienza etica ed un Q.I. da genio. Paiono molto più riusciti i personaggi di contorno, come Ivy madre e guerriera e lo spietato pr di Foster, un giovane uomo gay che sacrificherà i suoi affetti per compiere un lavoro sporco. Ma su tutti spicca sia psicologicamente come resa grafica, Pam la sorella psichicamente disturbata di Julie; una pazza Cassandra in grado di leggere tra le righe dell realtà.
 A mio avviso il vero punto dolente è il barbone omicida: se non avesse un'identià particolare sarebbe un personaggio perfetto, la giusta antesi per la spaventata e fragile Julie. Ma Moore, limite presente in tutte le sue opere, sovraccarica il fumetto di miriadi di sotto-trame e questa è forse la più improbabile , seppur chiara intenzione dell'autore sia farne una metafora del binomio Dio/Scienza.
Anche Strangers nella sua bellezza è denso di buchi narrativi ed improbabili svolte, però la straordinaria capacità di Moore di ritrarre i sentimenti dei suoi "figli di carta" sopperiva a tali limiti. In Echo, invece la presenza di elementi narrativi disomogenei ed improbabili non è supportata da una finezza psicologica spiccata e l'opera ne soffre. Certo è sempre un pregevole fumetto di un autore dotato, la cui lettura è consigliata sia per la maestria delle immagini che per la trama coinvolgente, ma permane la sensazione che Echo sia la classica opera di mezzo, vista anche l'intrigante fascinosità di  Rachel rising"l'ultima fatica di Moore-, che fino ad ora è una miscela riuscita di elementi orrifici e personaggi interessanti. Un passaggio obbligato tra la serie che ha consacrato un giovane e talentuoso fumettista ed il suo futuro artistico, che non è un fiasco ma neppure un capolavoro indimenticabile viste le pecche. Non a caso , Moore presenta alla fine della saga, personaggi di Strangers- non li nominerò per non spoilerare- più come un simbolico cordone ombelicale che per creare un universo narrativo coeso-almeno così pare finora- in un ruolo minore ma decisivo .
Anche il tratto ,seppur sempre piacevolissimo, non presenta le innovazioni grafiche presenti in Strangers, ma ciò è anche dovuto ad un impianto avventuroso più spiccato rispetto a esso.
Punti in comune: la solidarietà femminile, la cospirazione del Potere costituito contro il benessere dei più e l'amore come salvezza. Una donna, anzi due , salvano il mondo, peccato che Julie svanisca quando dovrebbe essere la protagonista di questa serie.
L'edizione Bao presente sia in versione normale che deluxe in fumetteria ha il grossonlimite di aver ristretto il formato originale dell'impaginazione e visto il costo, non proibitivo ma neppure popolare, avrebbe potuto presentare inserti e schede editoriali sull'autore e l'opera.


Roberto Cesano

giovedì 11 luglio 2013

Hawkeye - questo si che è un fumetto



Due righe di presentazione:

Dunque, quando mi ha contattato il Bar del fumetto per una collaborazione, mi sono sentito decisamente gratificato per l'invito,  in quel momento ho realizzato che effettivamente allora c'è qualcuno che guarda il blog, ed io che pensavo che i dei 29.000 accessi almeno 20.000 erano le volte che entravo io, per vedere se qualcuno aveva commentato questa o quella recensione.
Per me era già allucinante pensare che ci fossero persone che leggevano i miei pezzi, (è dai tempi delle collaborazioni su Fumetti di Carta che la penso così), ma che tra questi poi, ci fosse addirittura qualcuno che li ritenesse validi, onestamente per me, era pura fantascienza.
Quindi grazie Bar, sopratutto per la bella botta di autostima.
Per un blogger in erba come il sottoscritto che ha fatto della democratica incertezza la sua filosofia di vita ( cit. Luciano De Crescenzo), è stato davvero un piacere, ritrovarsi su Twitter, un tale genuino invito.
Quindi bando alle ciance e cominciamo subito.



Hawkeye altresì noto come bentornato Mr Fraction
 

Avevamo già parlato del nuovo Hawkeye di Fraction-Aja, in tempi addietro, ne riparliamo oggi, in virtù dell'edizione italiana targata Panini.

Innanzitutto siamo sinceri, questa rivoluzione Marvel non si è rivelata finora quella gran figata che tutti professavano.
Al momento non c'è quasi nulla che trovi tanto interessante, da spenderci il prezzo di copertina, vale a dire che là dove c'è davvero una serie appetibile, c'è la questione dei comprimari pessimi, o i recuperi indesiderati che ti gela ogni entusiasmo, poi per carità, Nonna Marvel  e Mamma Panini sono come il McBurger, nonostante tutto, per quanto le si possa denigrare e criticare, avranno sempre una fetta cicciotta sul grafico a torta, di affezionati per i quali andrà sempre tutto comunque bene.
Persino quando gli diranno che Cap in realtà non era stato sparato con una pistola normale, bensì con un arma speciale che aveva spedito la sua coscienza in una sorta di dimensione onirica, troverete quelli che "ma si dai tutto sommato ce sta".

Personalmente sarà dai tempi di Civil War che non conto i giorni che mi separano dall'uscita di un nuovo albo, giusto Remender e la sua Uncanny X-Force mi hanno dato questo brivido, nient'altro, le serie regolari, ormai tocca farsene una ragione, seguono regole di merchandising che trascendono qualità e potenzialità, sia dei personaggi che dei loro autori.
La lettura seriale esige ormai un approccio e aspettavive più contenute. Non per altro , se non per vivere meglio questa passione.
Ed evitare travasi di bile quando avete tra le mani cose spaventose come la versione in calzamaglia di "Datemi un martello", per gli amici nota come Fear It self.

E non a caso cito proprio Fear it self, penultimo (?) megaevento del Marvel Universe di imbarazzante bruttezza, - mai così brutto ed inutile come Secret Invasion, comunque -  perchè in sala regia di questo ennesimo megaeventone c'era lo stesso autore della miniserie di cui andiamo a parlare adesso.

Bentornato Matt Fraction 

E' dai tempi di Iron Man che non ti si vedeva tanto in forma ed ispirato, essì perchè il tuo Iron Man, diaciamolo, è stato qualcosa di così bello da leggere da come non se ne leggeva da tempo, per quello che conerne testa di ferro, dobbiamo risalire alle prime due Stark Wars degli anni '90, per ritrovare qualcosa di altrettanto godibile, tempi in cui alla Marvel c'era gente come Bright, Micheline, Byrne e Romita Jr. Era ora che ti appioppassero una serie staccata dal gioco della continuity, che ti sciogliessero dagli obblighi di mercato e ti lasciassero briglia sciolta, cosi tanto per scrivere qualcosa di interessante.
Abbiamo dato lettura alla nuova miniserie su Hawkeye, su Marvel Select #010 che proprio in questi giorni vi ammicca dagli scaffali delle fumetterie di tutta l' Italia ormai, ed è davvero una gran bella roba.

I super arcieri nei fumetti, non hanno una prosperosa continuità, vedi Green Arrow, a parte la stupenda parentesi metropolitana ambientata a Seattle di Mike Greel, non mi ricordo altre run degne di essere ricordate, tanto meno la penultima ambientata nel bosco a forma di stella, sorto a StarCity, durante il pessimissimo Giorno più Splendente.
Per Clint Burton vige la stessa regola, la vita editoriale di questo character, per lo più è stata una lunga sconnessa confusa corsa, su noiose montagne russe, che lo hanno visto impersonare più ruoli: Occhio di Falco, Ronin, Golia, è stato eroe ed anche criminale, capo e gregario, ma nulla di qualsiasi cosa abbiate letto su Occhio di Falco, può preparavi a questa deliziosissima miniserie.


Okay This Looks Bad

Le cose si mettono male: Fraction come Palahniuk, adotta una frase e la rende un tormentone, un didascalico ritornello impanato d'adrenalina, incipit che apre le danze della lettura o che sublima i momenti topici della narrazione, una secchiata d'acqua fredda che l'autore ci tira addosso appena apriamo l'albo.
Noccioline per le scimmie che vi ritrovate dietro la schiena, brutti Marvel Zombie che non siete altro.


Un delizioso Clint Burton, o meglio una sublime interpretazione di questo Characters che supera per appetibilità persino quella proposta nell'universo Ultimate.
Underground, metropolitana, anticonformista, ma sopratutto umana tanto dannatamente umana, come nemmeno autori passati come Byrne hanno saputo scrivere, e si consideri che in mano a certe penne questo personaggio è persino passato attraverso un divorzio, tematiche sociali forti, ma non abbastanza da tirargli via di dosso la calzamaglia.
Cosa invece riuscitissima a Fraction, che parla prima ancora dell'arciere, dell'uomo.
Con una sceneggiatura divertente, veloce, assolutamente piacevole.
Grandioso l'uso delle didascalie in prima persona, grandiose le situazioni, i dialoghi, le citazioni, e le fonti d'ispirazione dalle quali l' autore attinge per questa miniserie candidata agli Eisner Award 2013 con ben 5 nomination, e delle quali ne sapremo di più dopo il 19 luglio.


Hawkeye Year One

Se Leggendo Hawkeye, avrete un dejavu che vi riporterà al bellissimo Batman Year One, non spaventatevi, come detto la sceneggiatura di Fraction è volutamente, didascalica ed immediata. La colpa sarà anche di Aja, l'illustratore ( che concorre agli Eisner) prende molto da quel Mazzuchelli, ma le somiglianze si fermano qui, le due miniserie sono separate da decenni, è la dinamicità, la cinecità che li diversifica, strutturazione delle tavole, storytelling, e sceneggiatura sono il frutto delle contaminazioni della cinematografia del fumetto moderno. Ad  avallare la tesi, la prima storia è deliziosamente traslata su più piani temporali, e nel finale della seconda, rimane davvero difficile  non pensare a  My names is Earl leggendo le ultime pagine di quest primo numero? 
La mia lista delle cose da fare, in quelle tavole tutto porta a pensare al simpatico e genuino antieroe del serial tv. ansioso di rimettere a posto la sua vita e nel suo piccolo il mondo.
Ecco, nel suo piccolo, son le parole chiavi per questa miniserie. Nel suo piccolo Burton, lontano dai Quinjet o dagli Skrull, tenta di raddrizzare i piccoli ma umani torti che affligono le società metropolitane moderne.
I disegni poi...il lavoro di Aja, rende  inequivocabilmente questo fumetto più grande, altro che Allred. Buttatelo al secchio.
Sublime le citazioni sparse nei primi due numeri. che vi riporto nelle foto.
Senza spoilerare una sola riga della trama, mi sento di consigliarvelo senza riserve, di inserirlo nella lista delle cose da avere a voi la scelta come: in inglese, in italiano, in albetti smilzi o in un unico volume, comprandolo, taccheggiandolo, o anche facendovelo prestare senza poi restituirlo, fate voi, ma  fate in modo di metterci sopra le vostre mani sudaticce da nerd, e sopratutto leggetelo, anche più di una volta.
Perchèc Hawkeye di Fraction e Aja, fa quello che dovrebbe fare un buon fumetto, divertire. 
E diverte eccome, se ha divertito un rompicoglioni come me, andate lisci. 
Più appetibile persino di Soldato d' Inverno.
Ed alleluia proposto in un monografico, 3,00€  per 48 pagine, fedeli a quello che recita la copertina, visto l'andazzo è già tanto. 
Tenetelo d'occhio (di Falco).
Baci ai pupi.



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domenica 7 luglio 2013

Il lato oscuro dell' Universo



Finalmente è tornato qualcuno ad aiutarmi nella gestione del Blog! Più siamo, più leggiamo più recensiamo.
Qui di seguito c'è l'opinione di Dario sul nuovo Dark Universe, la nuova testata RW che ha fatto storcere il naso a parecchi lettori, specie i fan del nuovo Animal Man, passato da un volume monografico, ad uno spillato in multiproprietà.
Buona lettura. E buone ferie a chi ci è già, ed una serena estate a tutti gli altri.

E' ormai passato più di un anno da quando la Lion ha iniziato a pubblicare il materiale legato al reboot completo di tutti i titoli di casa DC Comics. Oltreoceano, dopo un annetto di rodaggio, hanno iniziato a tirare giù due cifre e a potare di conseguenza i rami secchi. Così albi come Justice League International, Hawkman e diversi altri sono stati cancellati, di conseguenza la nostrana Lion è costretta a riadattare il proprio parco testate: comprimari che vengono sostituiti, altri spostati da una testata all'altra, varo di nuovi formati e nuove proposte e chi più ne ha più ne metta.

Nella rete della riorganizzazione cadono anche due serie che mi stanno particolarmente a cuore e delle quali vi avevo già parlato in passato: Animal Man e Swamp Thing. Inizialmente presentati su volumi monografici contenenti circa 6/7 episodi originali, dopo sole due uscite gli avatar del Rosso e del Verde, indissolubilmente legati tra loro, convergono nel nuovo mensile Dark Universe, un'antologico che dovrebbe presentare gli alfieri del lato oscuro del nuovo universo DC.

Insieme ai due personaggi sopra citati trovano posto tra le pagine del nuovo mensile anche le avventure dello Straniero Fantasma e la serie dai toni fantasy Sword of sorcery. L'esordio di Dark Universe coincide anche con la pubblicazione dei numeri datati Novembre 2012 delle varie serie americane, mese nel quale furono pubblicati dei numeri 0 che andavano a definire le origini dei vari personaggi all'interno di questo rinato universo narrativo.  Un buon punto di partenza per i lettori che avranno a disposizione due serie nuove di zecca e un episodio introduttivo per i serial di Animal Man e Swamp Thing prima che deflagri lo scontro del Rosso e del Verde contro la Putrefazione nel crossover Mondo Putrido.

Ma veniamo ai contenuti. Non è difficile intuire come i due protagonisti difensori della flora e della fauna siano la portata principale di quello che si spera sarà un lauto banchetto.  I due numeri 0 a loro dedicati, oltre a presentare le origini dei due personaggi, cementificano il loro legame scavando nel passato e fondono gli avvenimenti narrati in questi due numeri speciali a quelli già presentati nelle due serie regolari e a quelli che arriveranno nel prossimo arco narrativo. Il trait d'union dei due episodi è il tentativo dell'avatar della Putrefazione, Anton Arcane, di distruggere i due difensori della vita. Vedremo come incarnazioni passate di Swamp Thing e Animal Man soccomberanno al temibile nemico e come, per intercessione del Parlamento degli alberi e dei Totem della vita, quelle attuali muoveranno i primi passi. Ottimo il lavoro svolto da Scott Snyder (Swamp Thing) e Jeff Lemire (Animal Man) che inseriscono questi numeri 0 nella scia di quanto già mostrato sulle rispettive serie mensili, decisamente valido anche il contributo artistico dei due disegnatori. Sia Kano che Steve Pugh offrono un ottimo storytelling riuscendo a infilare nelle storie tavole originali che mostrano tutto l'orrore e la particolarità delle vicende narrate.

Dello Straniero Fantasma, oltre a qualche apparizione su altri albi DC, non avevo mai letto nulla e nulla conoscevo della storia di questo strano personaggio. Da quel che mi è parso di capire, cosa mai detta chiaramente in questa storia di presentazione ne nelle note dell'albo, Phantom Stranger sembra essere proprio il Giuda Iscariota della tradizione cristiana. La pena per il vile tradimento quella di vagare nei secoli ignorato dalla gente, eterno straniero, vestito della tunica dell'amico tradito (il Cristo stesso direi a questo punto) e di una collana fatta di trenta denari. Prima di espiare la sua pena sarà costretto per trenta volte ancora a ricorrere al tradimento ai danni di altrettanti amici/conoscenti. In questo numero zero assisteremo a quello nei confronti di Jim Corrigan, il futuro Spettro di casa DC. La storia imbastita da Dan Didio crea la giusta curiosità per un personaggio che potrebbe rivelarsi interessante e fuori dagli schemi. Matite classiche ma senza particolari guizzi di Brent Anderson.

L'episodio introduttivo di Sword of Sorcery presenta una portata principale e una breve storia d'appendice. Amy Winston è una ragazza poco integrata, costretta dalla madre a continui spostamenti da un capo all'altro degli U.S.A., una situazione che Amy comincia a non digerire più. La madre promise tempo addietro alla figlia che al compimento del suo diciasettesimo compleanno l'avrebbe riportata a casa, dai suoi familiari, nel luogo dove è sepolto il padre morto da tempo. Peccato che questo paese di origine si trovi in un'altra dimensione, in un regno dove diverse famiglie sono in guerra tra loro, ognuna di esse legata a una pietra preziosa. E' qui che Amy assumerà l'identità di Amethist. Messa giù così sembra una cazzata, inoltre il fantasy non è mai stato nelle mie corde, vedere poi l'apparizione nelle ultime vignette del nuovo John Constantine mi indispone ulteriormente. La scrittrice è Christy Max che non conosco, i disegni sono di Aaron Lopresti. Un poco meglio la storia d'appendice che rinnova il mito di Beowulf e Grendel ben disegnata da Jesus Saiz. Non ho ben capito come questa si leghi alle vicende di Amethist, tutta l'operazione mi puzza però di buco nell'acqua. Staremo a vedere.

L'ago della bilancia per la buona riuscita di questo antologico  potrebbe rivelarsi la serie di Phantom Stranger. Ho piena fiducia nell'operato di Snyder e Lemire ma non vedo grandi speranze per il proseguio di Sword of Sorcery, tutto sta quindi nelle mani di Dan Didio. Tre buone serie su quattro non sarebbe un cattivo risultato, due sarebbero invece un po' poco per un mensile che dal secondo numero costerà 5,95 costringendo i fan di Animal Man e Swamp Thing a pagare anche per altre due serie dal futuro incerto (qualitativamente ed editorialmente parlando). A questo punto non sarebbero in pochi a rimpiangere quei bei volumi monografici.