Si, questo è un altro blog sui fumetti. E come suggerisce il nome, indica una malattia: la dipendenza dai fumetti.

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Fumettopenìa è dedicato a Fumettidicarta ed al suo papà Orlando, che dal 2009, non ha mai smesso di farmi credere che scrivessi bene! Anzi scusate, che scriverebbi bene. E se adesso migliorato, lo devo sicuramente ai suoi incessanti consigli.

venerdì 18 marzo 2016

Il gioco dell'oca

Forse sono esterofilo perchè mi avvicino all' Italia che non sa fare fumetto.
Nick Banana, Dylan Dog, Morgan Lost, Orfani, Battaglia, le Storie e la Dottrina, tanto per citare qualche nome  che mi hanno fatto correre al Comune per rinnovare il passaporto ed evadere dalla provincia italiana della nona arte.

Eppure ultimamente tra una lettura e l'altra mi sono concesso qualche volume italiano, un pò guardingo e scettico. Comunque ho scelto restando, fedele ad una regola: se non ne parlano troppo su facebook, minimo è un capolavoro.
Già un mese fa con Churubusco di Andrea Ferraris, della Coconino Press Fandango, la mia esterofilia ha subito un duro colpo, bravissimo Ferraris, oggi mi sono dovuto ricredere ulteriormente, su come facciamo i fumetti qui in Italia dopo aver letto Il gioco dell'oca di Stefano Munarini e Mauro Ferrero, un bonellide, (ma con un altro tipo di carta),  edito da Tunuè, nella linea Le Ali, da 112 pagine in bicromia, soluzione tanto stilosa quanto poco pubblicizzata.
Se penso agli strilloni che Bonelli ha fatto per tutto quel rosso in Morgan Lost, e Tunuè che fa una cosa analoga con l'azzurrino, non lo menziona manco nel sito, e liquida il tutto con un poco indicativo B/N.

Signor Tunuè corregga subito, che proprio il fumetto di cui sopra, Il Gioco dell'oca, parla di avere fiducia nelle proprie capacità e credere in se stessi.


Ma di che parla Il gioco dell'oca?
Di scorciatoie, di incoscienza anche, di un fallimento, ma anche di una rinascita e, che bello dopo tanto oscuro revisionismo pessimista, leggere un lieto fine.
Dopo tanto Rick Veitch, non è stato affatto male imbattersi in questa leggerissima ed emozionante novella.
Jason è uno di noi, e vive la sua avventura negli anni '90, gli ultimi anni senza Facebook, anni che ora sembrano lontani come il medioevo, anni in cui il fumetto era ancora passione e non una malattia, Jason è un nerd, e fa quello che fanno tutti i nerd, alla fine della lettura di qualcosa di veramente bello, fantastica di essere lui l'autore di quella storia, Jason non si contenta più di essere un lettore, vuole essere un autore, ma vuole saltare qualche tappa, e a Jason, non manca quella incosciente intraprendenza di provare a fingersi qualcun altro, così comincia il suo peregrinaggio nelle fumetterie d' America più sperdute dove fa finta di essere ora questo o quell' autore, e firma albi e rilascia autografi, fino al giorno in cui, scoperto....
Basta, ho già svelato anche troppo di una trama semplice ed appetibile, che lascio a voi il piacere di scoprire pagina dopo pagina, mi limito a dire che l'ho divorato ed ho trovato il tratto di Mauro Ferrero assolutamente affascinante.

Lungi da me esprimere opinioni sul tratto dei disegnatori italiani, gentaccia davvero permalosa, per dare a Lauria del Mignola sono stato letteralmente lapidato sulla pubblica piazza, per esprimere commenti poco lusinghieri su Di Giandomenico o Rincione manca poco mi ritrovassi un esercito di fan inferociti fuori casa, ma a Ferrero, sperando non si incazzi anche lui, non posso non dire che ammirando le sue tavole, (bellissima la bicromia, assolutamente azzeccata, ipnotica quasi, che rende il fumetto di un taglio quasi underground, e che richiama visivamente alla mente un ventaglio di letture di altissimo livello), mi sono tornati in mente una sfilza di autori da quel tratto volutamente minimal eppure coinvolgente, Da Judge alla Satrapi passando per Mazzuchelli e Delisle, la sua mano mi ha letteralmente rapito, minimalista mai caotico, certosino e preciso nelle forme chiaro nelle illustrazioni, insomma perfetto.
Non avrei mai immaginato di divertirmi con una lettura made in italy, e chissà come mai i più bravi sono sempre quelli meno promossi, che bello sarebbe se le vendite premiassero certi stili, tanto da imporre un genere, un trend, nell'anarchico e mediocre palcoscenico italiano.
Invece come dice Moretti in Palombella Rossa, il trend italiano è negativo, e polemico.
Tanto tanto tanto polemico.
Bravo anche Munarini, 100 pagine o giù di li in cui gli eventi scandiscono un ritmo a dir poco coinvolgente, l'incipit che incuriosice, lo sviluppo che appassiona, il finale che appaga, e cosa vuoi di più da un fumetto nato in una nazione di wannabe votati alla più vuota autopromozione sui social?
E quanti applausi meriti per la microstoria del ragazzo che rubava i finali?
Ma tanti fidati! Tantissimi.
Ma bravissimi, e bravissima Tunuè, mea culpa se non sono mai andato oltre Paco Roca, se il catalogo è tutto a questi livelli, è solo per il livello medio basso del lettore, se non siete su ben altre scale sulle gerarchie della notorietà, li dove gli altri confezionano carta stampata in base ad indagini di following e condivisioni, voi avete portato nelle librerie una storia, nella tradizione della editoria classica, sana e ormai quasi del tutto estinta.
Leggete il gioco dell'oca regà.
Statemi a sentire.
Per un volta sostenete quel modo di fare fumetto in Italia che non genera imbarazzo.
Un fumetto che nasce fumetto e resta fumetto, e non si trasmuta alchemicamente in un vecchio pavone on line dalle piume arruffate e sfatte.

E grazie agli autori per questa botta d'ottimismo. C'è vita oltre la shockdom, esiste davvero l'alternativa alla rivoluzione della griglia bonelliana.
Baci ai pupi.

2 commenti:

  1. Palembella rossa? Ma leggere dopo aver scritto,no?
    Comunque parlare di minimal e non citare la scena canadese...eh...

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