Non ho mai particolarmente apprezzato lo splatter come
genere.
Anzi direi che non l’ho mai potuto reggere più di tanto.
Per esempio, non ho mai finito di vedere un film di Rob
Zombie in vita mia, se posso, robe come Cannibal Holocaust e Green Inferno,
faccio a meno di vederle,
stesso dicasi per Cabin Fever, The Hostel, Non Aprite quella
porta, tutte pellicole che non reggo fino alla fine, e che se costretto a
guardare da improbabili serate tra amici, guardo con un occhio solo.
Non che abbia paura, però di sicuro un film su un pazzo che
passa le ore a scuoiare e scannare senza ragione a destra e a manca mi mette di
sicuro più ansia che un film sulle possessioni demoniache o su fantasmi
vendicativi ed assassini.
Nei fumetti è la
stessa cosa, mai letto Mostri e Splatter ai tempi che furono, e di sicuro
Delirium, è uno dei Dylan Dog che più mi lasciano inquieto.
Più che altro lo trovo un genere altamente ripetitivo, un
po’ come il fantasy, dove gli elementi con cui costruire una storia sono sempre
gli stessi e gli autori devono inventarsi, modi sempre più improbabili di
sconcertare il lettore, scegliendo nuovi
modi per evirare, amputare squartare…un po’ come il Punitore Max di
Ennis, di base la storia era sempre la stessa, ma per lasciare i lettori
coinvolti, toccava trovare nemici sempre più meritevoli delle peggiori infamate
Frank potesse immaginare.
Per questo motivo, quando mi sono ritrovato a leggere 11
numeri di fila della Famiglia cannibale italiana delle Edizioni Inkiostro ero
decisamente scettico sull’appetibilità del prodotto.
Inoltre era un prodotto italiano, e l’ultima cosa con
etichetta italiana, che io abbia letto ed apprezzato, credo di averla pagata in
lire.
Quando il signor Piccioni quindi ( che io ovviamente, non sapevo chi
fosse, se non un membro del gruppo facebook legato al blog) mi ha contattato
per propormi la lettura della sua Cannibal
Family, ho cominciato ad avere i sudori freddi.
Con il passare degli anni, ho dovuto rendermi conto che la
mia attività di blogger, non mi ha portato certo le simpatia degli editori,
anzi diciamo che non godo di troppi favori in genere alle corti di questi, ma a dirla tutta se è per questo nongodo di forti simpatie nemmeno tra
parecchi lettori, ho perso il conto della gente che mi segnala, mi blocca, mi
cancella, una situazione che confesso, ormai mi diverte, è bello fare la parte
del Dottor Morte, non ci vuole poi mica tutta questa abilità a sviolinare
dediche melense a Tizio, Caio e Sempronio, quindi tutto sommato va bene così.
Il teorema pessimista di fumettopenia, per chi segue il blog
è abbastanza noto, vale a dire l’annichilimento del fumetto italiano per mano
di autori mediocri, lettori dementi e circuito critico marchettaro ed
asservito, credo si trovi QUI, è per
questo che quando è arrivato il corriere con questo bancale di materiale da
leggere in casa, una volta convinto mia moglie che voleva accoltellarmi
convinta che avessi pagato il tutto, mi sono ritrovato nella spiacevole
condizione, eticamente parlando di privato con uno strumento divulgativo e con
del materiale di un editore in visione.
Un passo falso e l’etichetta di marchettaro era attaccata
per sempre.
Neanche per sogno, ma
credetemi non è una situazione semplice, per questo mi sono preso i miei tempi
ed ho letto Cannibal Family, un albo alla volta, con le dovute pause, per il semplice
piacere di leggerlo piuttosto che come un lavoro da svolgere.
E comunque il sig. Piccioni era stato avvisato, non sono
esattamente di bocca buona e vivo nella felice condizione di pregiudizio
selvaggio verso i prodotti nostrani.
Con il passare dei giorni però, mi sono accorto che
nonostante i tocchi di carne ed i litri si sangue che sfondavano la griglia e
mi si riversavano addosso, questo benedetto Sig. Petronio mi stava catturando
in maniera inquietante.
Al punto che negli ultimi giorni ho letto solo ed
esclusivamente quello, fino all’ultimo numero pubblicato, l’undici, una lettura
da cui è emersa una buonissima storia (nonostante lo splatter), una caratterizzazione
dei personaggi assolutamente più che dignitosa, un progetto seriale audace nonché
una sceneggiatura incalzante che splitta
tra passato e presente con una facilità disarmante, gravida di personaggi e
situazioni godibili ed intriganti.
Senza spoilerare troppo posso dirvi che nel mio caso,
galeotti furono il personaggio della cagna
nazista, che da sola è un ode
sublimata alla sindrome di Stoccolma, e Gabriele il nipote pazzo che cresce di
spessore come character, numero dopo numero.
Il comparto grafico della serie è notevole, dalle copertine
alle tavole, è tutto un bel vedere se proprio vogliamo trovare il pelo nell’uovo,
le più deboli, sono alcune storie che illustra lo stesso Piccioni, tipo l’ultima
parentesi in Giappone, in cui appare piuttosto confusionario e frettoloso, ma
per il resto delle volte, anche l’editore barra scrittore si difende con onore.
Se il giovane Alfredo Petronio d’altronde ha il suo fascino
demoniaco, è per merito di Piccioni che mi sembra di capire, sia l’ideatore
della linea temporale in cui si narrano le vicende del passato legate a questo
cannibale italiano.
Poi come già detto qualche riga più su, e non pensavo di
scrivere in maniera tanto entusiasta per qualcosa di italiano: la serie è
gravida di personaggi, sottotrame ed idee, come i vermi rigeneratori, il
mattatoio in cantina, le cameriere in abitini sexy ammutolite da una ball gag
alla bocca, che sono certo hanno qualcosa da raccontare prima o poi, visto la
certosina passione usata sul cast dal team di autori.
Insomma, lungi da me, usare termini pomposi che di solito
ormai riservo solo ai giganti inglesi, come capolavoro ed opera d’arte Cannibal Family nel panorama italiano è
un’isola felice.
Magari definirla felice,visto i temi truculenti, non mi
sembra il caso, ma è comunque un isola più che ospitale e fertile nel mare
morto che è l’editoria italiana.
A grandi linee, per lasciare curiosi quelli che ancora non
sanno cosa sia, il fumetto parla di una ricca famiglia italiana, i Petronio, i
cui membri sono tutti dediti al cannibalismo.
Il patriarca, Alfredo però, impone un rigido codice morale
ai membri della sua famiglia, a tavola cucinati in tutte le salse, ci finiscono
soltanto membri della società che hanno in qualche modo recato danno al
prossimo, dalla bella arrivista che sposa un allocco per denaro, all’imprenditore
che licenza gli operai e opta per manodopera a basso costo, il codice morale di
Petronio insomma prevede che solo chi
merita una punizione esemplare, finisca nella sua dispensa, una trovata
semplice che impedisce a chi legge di estraniarsi ed annoiarsi nella lettura, e
che coltiva al contempo nei lettori, una
malcelata simpatia verso questa atipica famiglia, per alcuni di loro
sicuramente se non altro.
Insomma sul gruppo facebook legato al blog che perdura
nonostante tutto, non era raro leggere commenti entusiasti su questo editore,
commenti che ho sempre preso con robuste e grosse molle, per via di mie quasi
incrollabili e maligne supposizioni, dopo undici numeri devo fare un passo indietro
e ridimensionare il mio pensiero nichilista: oggi il mare de merda italiano è
cesellato da almeno un porto valido, e non è quello Proibito della Bao, ma è
una sorta di inquietante Tortuga, che ammalia e conquista i suoi avventori con
il fascino dell’ orrore puro.
Cannibal Family,
è un prodotto nostrano altamente valido, forse uno dei pochi, e la piccola
realtà editoriale delle Edizioni Inkiostro è affascinante
proprio per via del suo anacronismo, in un periodo editoriale in cui le uniche
proposte editoriali sono in calzamaglia, figlie stupide del web, o opere (dio
mi perdoni) sature di una autorialità che francamente poi latita, Inkiostro ha optato per un genere
narrativo che pensavo inflazionato, morto e sepolto, e che in Bonelli per
esempio, comunque non ha portato i risultati sperati, nonostante la campagna di
marketing martellante come un bombardamento americano in Vietnam.
Una scelta che pare sia stata abbondantemente premiata dai
lettori, e Moore mi perdoni, anche da me.
Quindi si, visto la mia reticenza verso il genere e la
nazionalità della serie, e visti i risultati, non posso che consigliarvi la
lettura di questa Cannibal Family, se
poi siete di quelli che ai concerti di gruppi grindcore adorano ricevere in
testa secchiate di frattaglie dagli artisti sul palco, direi che Cannibal
Family è un prodotto essenziale.
Ma credo la vera vittoria sia conquistare lettori che
detestano il genere splatter, e la bravura di Piccioni e co. (perdonatemi se
non cito tutti) ha saputo relegare gli sventramenti ad una cornice.
Ora aspetto esca il dodici con inaspettata ansia.
Baci ai pupi.
Anzi c'è una cosa che poprio non mi è piaciuta di Cannibal Family: la ricetta in quarta di copertina, quella è davvero disturbante, ma inquieta solo me?